Quest’anno in Italia si produrrà meno grano. Prospettiva che sta preoccupando la filiera del comparto e che, tutto sommato, deve fare pensare anche i consumatori: meno grano italiano significherà maggiori importazioni, probabilmente un aumento dei prezzi delle farine, forse anche dei prodotti finiti. Certo, tutto è ancora da verificare, ma la situazione in atto non promette molto di buono. Se, poi, a tutto questo si aggiungono le tensioni internazionali (prime tra tutte quelle determinate dalla guerra in Ucraina), si capisce subito perché gli osservatori del mercato dei cereali e dei derivati abbiano iniziato ad essere allerta.
A segnalare il calo dei raccolti è stata, ieri, Confagricoltura che ha indicato le fasi di raccolta come segnate da “grande ritardo e forte incertezza”. Per l’organizzazione agricola, i raccolti «sono stati letteralmente falciati dalle piogge e, da Nord a Sud, i cali sono evidenti. L’andamento climatico ha fatto sì che s’invertissero tendenze consolidate: nel Centro e nel Nord del Paese, ad esempio, si raccoglieva prima il tenero, poi il duro, ma quest’anno è stato il contrario». Il dettaglio fa capire ancora meglio. In Emilia-Romagna si stima un taglio del 20%. In Puglia, in Capitanata, la raccolta del grano duro è in corso e terminerà entro due settimane, ma già adesso il calo delle rese è stimato anche in questo caso del 20%. In Sicilia si parla di un taglio di oltre il 30%. In altre aree, la situazione viene considerata variabile a seconda dell’andamento climatico di questa settimane.
Intanto, sempre gli imprenditori agricoli sottolineano come si stia già registrando «un consistente aumento degli arrivi di cereali dal Nord Est europeo, in un contesto di mercato segnato da una contrazione dei prezzi che nel giro di un anno è stata del 40%». E proprio circa i mercati internazionali i produttori sottolineano anche gli effetti del mancato accordo per la proroga al via libera della circolazione nel mar Nero dei cereali prodotti in Ucraina. Secondo un’analisi Coldiretti - Filiera Italia, infatti, «l’intesa era un passaggio importante per garantire non solo l'approvvigionamento del nostro Paese, ma anche quello dei Paesi del Mediterraneo dove la sicurezza alimentare è legata a doppio filo alla stabilità politica». Le speculazioni intanto si stanno già facendo sentire.
Da tutto questo l’appello alla massima attenzione da parte di tutti, ma, soprattutto, la grande tensione che sta serpeggiando tra imprese, aziende di trasformazione e mercati al consumo.
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