Vi dico l'ultima sul calcio italiano: studiate Maran e la sua lezione a De Boer, seguite Di Francesco e il suo percorso europeo (dico la Stella Rossa, non l'impresentabile Palermo) e capirete perché – catenaccio o meno – saremo sempre i migliori del mondo, come oggi dimostrano Germania e Inghilterra arruolando i nostri maestri. Se poi avessimo anche dei campioni nostrani, che ci sarebbero ma non sono appetiti dai mercanti bancarellati nel Tempio, torneremmo ad esibire l'antica superiorità tecnica invece di accontentarci del primato teorico. Lavorare italiano è quanto propone il campionato appena iniziato guardando al futuro, al Mondiale russo del 2018. Oggi come oggi non vorrei essere nel ruolo di Giampiero Ventura, che in mano non ha nulla visto che nulla gli ha lasciato Conte se non la difesa della Juventus. Per fortuna ha testa, il vecchio ct. Fossi in lui, comincerei ad elaborare la Nazionale partendo da Berardi, calabrese un po' estroso ma forte di uno spirito non adatto a compromessi. Vuole giocare e non gli importa di diventare un ricco panchinaro juventino; sarà semmai la maglia neroverde del Sassuolo (unita a quella azzurra) a farlo diventare bianconero. Ottime cose “italiane” anche dal Pescara di Oddo e di Caprari, dal Bologna di Donadoni e Destro e dal Milan di Montella e Donnarumma. Sul quale mi soffermo. Il calcio di oggi rispetto a quello antico che io adoro (non per vecchiaia ma per competenza) può essere racchiuso in un proverbio stiracchiato prodotto da Luigi Goldoni, ricco e saggio presidente di un Bologna di mezzo secolo fa: «Con le chiacchiere non si fanno frittelle». Forse voleva dire tortellini ma poco cambia. L'estate delle fanfaluche, del mercato demenziale, del Pipita pancioso, della Beneamata ristrutturata da un olandese, del Bacca trattato come se fosse Montolivo, si è spenta a San Siro con la tripletta del colombiano (visto a San Siro tricolore giallo-blu-rosso) e la paratissima di Donnarumma, il ragazzo del '99 (non visto a San Siro un tricolore biancorossoverde). Fra i due elementi di un saporitissimo sandwich, Montella, uno che ha badato a studiarsi un gioco con gli avanzi di un vecchio Milan poco giocoso. Per un tempo c'è riuscito. Il secondo verrà. Soprattutto se il tecnico che piace a Betlusconi (dicunt) penserà a ravvivare la truppa dandole la stessa fiducia e gli stessi stimoli e insegnamenti forniti a Bacca per trattenerlo. Senza pensare – come l'Inter – ai soldi dei cinesi.
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