Negli Atti degli Apostoli (2, 1-11) il giorno di Pentecoste è accaduto un miracolo "traduttivo": tutti, Giudei e Gentili, credenti e non credenti, si capivano parlando ognuno la propria lingua. La molteplicità delle lingue, il vero miracolo; la loro unificazione, un crimine contro l'umanità. Noi europei oggi abbiamo bisogno di una sorta di Pentecoste laica, che ci consenta di capirci con i nuovi popoli che arrivano parlando ognuno la propria lingua, analogamente a quanto è avvenuto nel giorno natale della Chiesa. Seguendo l'unica via possibile: attraversare (dia-) la parola (lógos) dell'altro, vale a dire incrociare la ragione e le ragioni reciproche. Il dia-logo come nostra destinazione e nostro destino: un dialogo che, senza infingimenti e compromessi, ci faccia uscire dal "discorso privato" (ídios lógos), caro ai vecchi e nuovi Sofisti, e ci faccia approdare al "discorso comune" (koinós lógos), già proclamato dagli antichi filosofi Eraclito e Socrate. La Pentecoste è l'alternativa a Babele (Genesi 11, 1-9): il miraggio e l'ossessione di una sola lingua dominatrice e imperialistica, "un solo labbro", da parte degli appartenenti a un popolo che Dio punisce confondendo e disperdendo perché non si capiscano più. «La lingua dell'Europa è la traduzione», ha intuito Umberto Eco; «comprendere è tradurre», ha sentenziato George Steiner.
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