C'è chi decide di partire e chi di restare. Io a questo giro ho deciso di restare, di vivere le giornate con la stessa dignità con cui i muri della mia città salutano il sole la mattina, sopportano le folate di salmastro sul lungomare, rabbrividiscono al freddo dell'inverno. Partire o restare? Non esiste la scelta giusta. La vita è bella perché ogni giorno è unico, non ne esisterà mai uno uguale all'altro, neanche impegnandosi seriamente. Se qualcuno scetticamente volesse provare lo invito a farlo. Ci pensate? Un giorno identico al precedente, con le stesse parole, pensieri, movimenti. No, non ci provate nemmeno, è tempo perso. Se posso essere sincero, nella vita sono partito tante volte, con sogni e vestiti messi alla rinfusa in una valigia fatta spesso di speranze. All'alba di un giorno che mi avrebbe cambiato rispetto al viaggio che avrei fatto, alle persone che avrei incontrato, alle esperienze vissute. Con la consapevolezza felice che al ritorno non sarei stato la stessa persona.
E restare? Com'è restare? La vita è fatta di scelte continue. Quella di rimanere è una scelta dettata spesso dal senso di appartenenza verso un luogo o dalla voglia di non allontanarsi da persone care. Godersi i propri luoghi della vita, le persone che incontri per strada dopo tanto tempo ha il suo calore. «Tutto bene in famiglia, quanto è alto tuo figlio? Quanto tempo!». Sorrisi e saluti. La vita galoppa come un cavallo di razza, chi si incontra dopo un giorno, una settimana o dieci anni a volte si riconosce, altre volte per niente. E chi è partito talvolta fatica a capire l'evoluzione di chi è rimasto. Ma vale anche il contrario. Dunque, partire o restare? Scomodo Confucio e declino un suo pensiero a questa riflessione: ovunque tu vada, ovunque tu resti, vai – o resta – con tutto il tuo cuore. Vivendo tutto in massima pienezza, e dando torto, per una volta, alla grammatica: il verbo restare non è all'infinito.
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