Enrica ha un'ottantina d'anni e fino a qualche tempo fa era una sarta. Simona e io ci mettiamo un po' per convincerla a rimettersi alla macchina per cucire. Fa fatica con gli occhi, e la vita l'ha molto stancata. Ci racconta del figlio che ha perduto, un incidente mentre stava dando un passaggio a un tale che aveva perso il bus. Il marito, un veneto, instancabile "ricominciatore". Ogni volta, tante volte, ha saputo trovare la forza per rimettersi in piedi.
Ora è sola. È tanto che non lavora. Solo per qualche parente che glielo chiede, magari per una cerimonia. Ma d'accordo, quelle due cose ce le farà.
I capi sono imbastiti, il lavoro è perfetto. Erano anni che non vedevamo un'imbastitura. Dopo la prova le facciamo i complimenti e ci sediamo in salotto a chiacchierare un po'. Di tante cose, del mondo: adesso tocca a noi tagliare e cucire. Lei più che altro ascolta, annuendo silenziosa.
È quasi l'ora di pranzo, Enrica si congeda con un piccolo solenne discorso: «Vi ringrazio. Mi piace stare un po' a chiacchierare. Non parlo mai con nessuno. È bello parlare con qualcuno. Una volta parlavo di più. Stavo sempre in mezzo alla gente. Quando avevamo i negozi, dico. Uscivamo la sera, andavamo anche a ballare. Ma anche senza ballare. Per stare con qualcuno. Adesso hanno tutti troppo da fare per parlare».
Moriremo di solitudine.
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