Il tempo e lo spazio sono le nostre casette. Dove noi abitiamo. Noi lì collochiamo anche i nostri antifurti, per stare più sicuri di ciò che ci siamo creati. Niente tempo e spazio, niente casette e niente antifurti. La casetta diventa un surrogato dell'universo. Non un riassunto. Un surrogato. Nel momento presente le porte sono aperte. Ma nel momento presente le casette si dimenticano di sé, sono permeabili a tutto. Possono entrare tutte le informazioni. Fluiscono. Fino a che non ricostruiscono una storia e le porte si richiudono. Ma ci sono storie che tendono al limite, al proprio limite, e ognuna di esse si lancia oltre sé stessa, si trasforma, non è più quella storia e tutto illumina. Senza nessuno sforzo. Il bruco non ha paura di diventare farfalla. Quella metamorfosi la possiamo chiamare "conversione". Sapere che le spoglie di un momento non sono altro che quello, un isolato momento della nostra mente, un trauma a cui ci siamo identificati e che non può essere "guarito" ma come "sospeso", senza paura. Evagrio Pontico (IV secolo d.C.) scriveva «L'imperturbabilità, che non è freddezza o anaffettività, è la capacità di superare il contingente, tutto ciò che costituisce e rappresenta i nostri attaccamenti (...) al fine di svuotare l'intelletto e "fare posto a Dio. Si tratta di lasciarlo entrare dove noi gli abbiamo chiuso la porta».
© Riproduzione riservata