Ho seguito da solo: in un bar frizzante frequentato da tifosi misti. A un certo punto Chiellini ha fatto un fallo, l'arbitro lo ha richiamato, lo ha ammonito, lui ha preso ad agitarsi come fa sempre, con le mani appiccate a chiedere «Perché? Cos'ho fatto?» e un «Maddai!» (o peggio) mentre si allontanava. Nel bar, fischi e applausi indistinguibili: juventini favorevoli al «maddai» o avversari felici del giallo portatore di squalifica? Pochi istanti di dubbio poi la soluzione, un grido: «Buffone devi smetterla!». E quando Bonucci ha cercato di giustificare il compagno, altro grido insolente: «Vai dallo psicologo!». Ho ripensato a Chiellini e Bonucci, l'altra sera, quando ho visto la Nazionale cadere sotto i colpi di un Belgio che fra poco sarà esaltato come un nuovo Brasile – non l'ultimo, abbastanza penoso, ma quello di Pelè. Faccio presto a dire: mancavano Chiellini e Bonucci nella fase cruciale del match, e ci hanno menato; forse mancavano anche prima, narrano le cronache; ma non è questo il punto. Vorrei semplicemente dire a chi detesta i due soldati bianconeri che senza loro, o senza validi sostituti, andremo agli Europei a prendere ceffoni. Non è, la mia, la difesa irrazionale di due giocatori che amo; non tifo Juventus, m'informo, osservo, opino; ricordo il lavoro e la fantasia che ci mise Lippi nel trasformare il Chiellini del Livorno in quella belva (calcistica) che è diventato; ricordo quando Ventura mi disse, a proposito di due ragazzi suoi che dal Bari erano partiti alla conquista del mondo, «Bonucci è già maturo, vedrai». E vidi. Come videro i suoi mister azzurri, da Lippi a Prandelli a Conte che ne ha goduto la forza anche nella Juventus. Ora i due mastini son forse logori, o giù di corda per i problemi bianconeri, o semplicemente stanchi ma pronti a riprendersi; il dato negativo è un altro: non hanno eredi attendibili e la fase difensiva della Nazionale vista a Bruxelles ne ha subito le conseguenze, si è persa. Magari si rifarà con la Romania, ma non è questo il problema. Come ho tentato inutilmente per due stagioni di spiegare a Benitez, una squadra ambiziosa si costruisce partendo dalla difesa (e si è visto com'è finito il Napoli, che aveva già Higuain goleador ma Koulibaly, Albiol e Ghoulam trattati come pesi morti), non ho bisogno di sollecitare Conte, che la lezione l'ha mandata a memoria, ma i suoi colleghi di primo piano che – escludendo il Mancini disperato e il Sarri pentito – snobbano i difensori, privilegiano le prime linee da bombardamento e finiscono per cadere vittime dei bombardieri altrui. Per questo mi auguro che prima o poi il Milan venga premiato per aver creduto in Romagnoli, anche se un grande difensore non può guarire da solo una squadra tatticamente smarrita. Il danno che fanno alla Nazionale (stasera sarò a Bologna per amichevole Italia-Romania – Raiuno, ore 20.45) le legioni di stranieri ingaggiate in Serie A è già noto da tempo, la penuria di difensori potenti e di classe fa il resto. Non ho dettagli da fornire ma fossi in Conte andrei cercando con il lanternino sui campi di provincia, anche cadetti. Tanto, a che gli serve vedere le partitissime dove al massimo – come nell'ultimo derby di Roma – giocano due italiani?
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