Forse non è mai troppo tardi, ma di sicuro si poteva intervenire molto tempo fa, fermando la "storia", salvando molte vite umane e impedendo tantissime violenze abominevoli. Perché tutto era già risaputo. E tutto è già stato raccontato e scritto, pubblicato. Tutto ciò che è contenuto nell'impressionante elenco di abusi e soprusi contro i migranti elencato nel "Dossier Libia", in questi giorni al vaglio della Procura internazionale dell'Aja, da almeno vent'anni era già sotto gli occhi della storia e nei racconti e nelle lacrime dei sopravvissuti ai giorni della passione e delle violenze subite sulla rotta dei migranti.
Uomini e donne, già schiavi della frusta dei trafficanti ancor prima di impantanarsi nella trappola libica. Sembra di assistere alla replica di tragedie come il genocidio dei tutsi in Ruanda o il massacro dei musulmani a Srebrenica, avvenuti sotto gli occhi di tutto il mondo, prima che si imponesse l'alt. Al solito i ritardi, gli attendismi, gli interessi internazionali, le indecisioni, moltiplicano gli effetti e il numero delle vittime sacrificali.
In un rapporto presentato alle Nazioni Unite nel 2017 dalla Procura internazionale, è scritto che in Libia «secondo fonti credibili, gli stupri, gli omicidi e gli atti di tortura sarebbero all'ordine del giorno». Una relazione che ha scioccato il Procuratore capo della Corte penale internazionale, la signora Fatou Bensouda, perché queste informazioni «assicurano che la Libia è diventato un mercato per la tratta di esseri umani», notizia pubblicata da "Avvenire" giovedì scorso.
Ecco che, finalmente, abbiamo la "pistola fumante"; ci si è accorti che, in Libia, criminali di vario calibro, politici corrotti, milizie armate, trafficanti tagliagole e terroristi islamisti controllano, manovrano e organizzano il mercato degli schiavi neri, da sempre gruppi etnici particolarmente osteggiati, per non usare altra parola, dagli stessi libici.
Abbiamo, "finalmente", le prove, "credibili", degli stupri sia sulle donne sia sui minori di entrambi i sessi, delle torture inflitte fino alla morte, dei centri di detenzione paragonabili a veri campi di internamento, dove gli aguzzini certo non si distinguono per le buone maniere. Quattro mesi fa fece scandalo un video trasmesso dalla tv americana Cnn, che documentava un'asta di esseri umani, come all'epoca della tratta degli schiavi nei campi di cotone degli Stati Uniti.
Ho fatto una telefonata a Lampedusa, perché mi è venuto il dubbio d'essermi risvegliato in un altro mondo e in un'altra epoca, senza storia. Com'è possibile, mi sono detto, che dopo tanti anni a raccogliere storie drammatiche e atroci di persone che hanno solcato il mare Mediterraneo, solo adesso si accendono sullo scandalo i riflettori della giustizia internazionale?
Sono quasi trent'anni che a Lampedusa, il medico Pietro Bartolo è responsabile delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano sull'isola: «Se ne stanno accorgendo ora? Ma se sono anni che i migranti subiscono violenze, stupri, torture. Venduti, schiavizzati, disprezzati, giovani, anziani, bambini. E tutte le donne stuprate, a tutte le età. Un orrore senza fine. Mi è toccato anche il caso di un ragazzino torturato e scuoiato della pelle». Quale altro choc dobbiamo affrontare per mettere la parola fine a questa vergogna libica?
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