Il robot che mi aiuta a tenere questa rubrica – prima o poi ne farò una presentazione formale, del resto se la merita – mi dà una quantità di informazioni. Ad esempio, mi dice che spesso c'è una relazione diretta tra la scelta di “produrre” un determinato “contenuto” in Rete e la “popolarità” che a tale “contenuto” viene riconosciuta dagli “utenti”. In questi giorni in cui torna ad addensarsi sul tema “islam e violenza” la maggioranza delle pagine che ho visitato, cioè il 30%, ottiene infatti un picco di interesse l'intervista a monsignor Martinelli pubblicata da Vatican Insider e intitolata «Non lascio Tripoli, ho i fedeli da proteggere» (http://tinyurl.com/o26f8he ). È già oltre i 600 «mi piace», e risulta 10 volte più “popolare” della media degli articoli di quella fonte.In realtà, questa notizia «mi piace», sì, ma in senso lato… Ci sono anzi dei casi in cui dichiarare «mi piace», facendo click sulla relativa scritta, mi lascia perplesso, per non dire freddo. Mi spiego. Se, sempre restando sull'argomento “islam e violenza”, leggo sul sito di “Nigrizia” un pezzo che, sotto il titolo «Semplificando gli altri», mette in guardia dalle generalizzazioni in tema di membri di gruppi religiosi, è tutto chiaro: clicco «mi piace» perché condivido, di fondo, l'opinione dell'autore (che è Marco Aime). Può però capitare che qualcuno rilanci, sul suo profilo, la notizia “Trucidati dai jihadisti i 21 copti rapiti in Libia” (era questo il titolo, ad esempio, del sito dell'agenzia Fides), e che i «mi piace» messi per esprimere tutto il nostro orrore si trovino a far mucchio con altri “mi piace” di chi invece, alla lettera, approva il gesto dei jihadisti.Insomma: ho come l'impressione che ci siano momenti in cui i social network, e Facebook in particolare, tradiscano il fatto di non essere nati per comunicare quelle cose che noi immigrati digitali chiamiamo ancora “notizie” e non “contenuti”. Ma lo dico piano: se il mio robot mi sente mi fa subito “logout”…
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