La frase del ministro Matteo Piantedosi è questa e nessuno l’ha smentita: «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli». Se infelice o felice, i quotidiani si accapigliano. «Sul ministro si apre la polemica» (“Corriere”, 28/2), ed è dir poco. «Bufera su Piantedosi» aumenta la dose la “Repubblica” (28/2). Ironizza il “Fatto”: «Un ministro da sbarco». La “Stampa” (28/2) – titolo: «Il naufragio di Piantedosi» – nel servizio di Danilo Ceccarelli e Francesco Olivo registra il «salto di qualità rispetto alla linea del governo, Matteo Salvini compreso, che fino a quel momento era stata di concentrare tutte le colpe sui trafficanti di esseri umani». Amara la conclusione di Chiara Saraceno sulla “Repubblica” (28/2): «Se valesse la logica di Piantedosi, secondo la quale non c’è situazione intollerabile che giustifichi il mettere a rischio la vita, non solo non si dovrebbe mai fuggire da situazioni intollerabili, ma non ci si dovrebbe mai ribellare». I quotidiani vicini al ministro in un primo momento (28/2) nicchiano. Il “Giornale” tace, la frase famigerata non esiste. “Libero” denuncia le «strumentalizzazioni». La “Verità” – titolo: «Piantedosi rintuzza le iene dell’accoglienza» – con Francesco Borgonovo sposa la sua linea: «In quelle parole, purtroppo, c’è un bel fondo di verità». E il giorno dopo (1/3) scende in campo il direttore Maurizio Belpietro a ribadire: «No, il ministro dell’Interno non ha detto nulla di indegno, di inaccettabile o disumano, come pretende la sinistra». Anche “Libero” insiste, con il condirettore Pietro Senaldi: «Vigliacco chi spara sul Quirinale (ma in realtà è il Viminale)». Le «iene» e i «vigliacchi» peraltro non demordono. Mattia Feltri sulla “Stampa” commenta una seconda frase di Piantedosi – «Chi fugge aspetti i corridoi umanitari», dal “Giornale” – con questa ironica e amara considerazione finale: «Veniamo a prendervi noi (…). Se fossi un afghano, dopo aver sentito che adesso viene a prendermi Piantedosi, mi sentirei in una botte di ferro». E certo Mattia Feltri verrà bollato come buonista assieme a Carlo Bonini che sulla “Repubblica” – titolo: «Quando manca la pietà» – accusa «la burocrazia securitaria che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero». Due sensibilità e due mondi impossibili da conciliare.
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