Conoscete il Timorasso? È un’uva a bacca bianca delle valli Tortonesi (Alessandria), citata
nelle cronache locali del 1800. Nel 1891 il 20% delle uve locali era di morasso o timorasso; all’inizio degli anni’80 ne rimasero solo 2 ettari, ma lunedì il Consorzio di Tutela del Derthona che contempla il Timorasso ha snocciolato i dati: oggi sono 330 gli ettari, per un milione di bottiglie, che fra pochi anni saliranno a 3 milioni. E c’erano almeno 50 giornalisti ad assaggiare i 41 campioni di altrettante aziende, che hanno presentato in anteprima l’annata 2021, più che eccellente, per un territorio che, in quanto a investimenti vitivinicoli, è pari all’Etna. Ora, mentre assaggiavo quei vini, in tre ore di degustazione attenta, mi chiedevo: «Sarà così anche l’annata 2022 che ha subìto siccità? E l’annata 2023 come andrà?». Sembrano domande da rivolgere all’Indovino, mentre le risposte vanno cercate nella storia di un territorio, esattamente come il fenomeno del Timorasso che è esploso diventando un prodotto di tendenza, perché quell’uva che fu vinificata nuovamente nel 1985 (per avere le vinacce di una linea di grappe da vitigni rari) era sembrata eccezionale. Prima di giungere a Tortona, domenica, sono stato da Antonio e Alberto, padre e figlio, imprenditori lombardi che hanno deciso di investire su enoturismo, vite e rinascita di un territorio, nel nome del Timorasso. E mi hanno colpito quando, parlando degli investimenti, hanno detto che la prima cosa è stata raccogliere la memoria storica degli anziani circa le pendenze collinari e la direzione che prende l’acqua piovana. Così hanno investito in scavi profondi e in un sistema di tubi lunghi 700 metri, per captare le acque che vagano nel sottosuolo e raccoglierle in cisterne che, pure l’estate scorsa, erano piene di acqua. Ora, nei giorni scorsi ha piovuto e sui giornali è tornato il tormentone siccità, che somiglia alla cronaca dell’Indovino, mentre in passato gli anziani sapevano come agire per non trovarsi impreparati. Si legge che solo l’11% dell’acqua piovana viene conservato, che il riso italiano rischia di sparire dalle tavole, che servirebbero dissalatori per l’acqua di mare e nuovi invasi... Ma sono argomenti che leggiamo da un anno, possibile che non parta un’iniziativa? Mi ha sorpreso sapere che ad Alba chiude l’ultima libreria, per far spazio all’ennesimo luogo di ristoro. Ma se domani mancheranno riso e vino forse qualche libro che raccoglie la saggezza del passato sarebbe utile, anche agli amministratori, per non cadere tutti nel baratro, senza memoria.
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