Tempo è di ritornare poveri/ per ritrovare il sapore del pane,/ per reggere alla luce del sole/ per varcare sereni la notte/ e cantare la sete della cerva./ E la gente, l"umile gente/ abbia ancora chi l"ascolta,/ e trovino udienza le preghiere./ E non chiedere nulla.È significativo che, a distanza di ormai 13 anni dalla sua morte, gli scritti di p. David M. Turoldo continuino ad essere ristampati e letti. Da quel piccolo mare di testi abbiamo voluto estrarre alcuni versi emblematici del suo stile e del suo pensiero per porli quasi a suggello delle festività natalizie che stanno ormai concludendosi. Facile è intuire in queste righe il brillio di due realtà che s"intrecciano tra loro e che spesso sono ignorate, anzi temute e fin sbeffeggiate nella società contemporanea: la povertà e la semplicità.Il benessere, il consumo, il godimento frenetico sono il vessillo impiantato nelle coscienze dalla comunicazione di massa. La ricerca delle realtà più sofisticate, artificiose, costose domina la vita rendendola ansiosa e tesa. Non si apprezza più il valore del distacco, non si assapora più la spontaneità delle cose modeste, non si è più pronti a sostare «sereni la notte», non c"è più spazio per pregare, riflettere, tacere. Vorrei, però, soprattutto sottolineare l"ultimo verso, quel «non chiedere nulla». Noi ora siamo diventati sempre più pretenziosi, esigenti, insoddisfatti. Reclamiamo dagli altri quelli che riteniamo nostri diritti esclusivi, divenendo aggressivi e irosi. Avremmo, invece, bisogno di ritrovare la pacata capacità di gustare ciò che ci è donato, a partire dalla vita stessa.
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