giovedì 26 maggio 2022
Non c'era la guerra a Uvalde, Texas, il 24 maggio. Non c'erano bombardamenti, non c'era la fame. C'era una scuola con 600 ragazzi. Per lo più latinos. Non c'era alcuna guerra, a Uvalde. Ma al mattino presto, quando gli alunni da poco erano in classe, un'ombra nera si è insinuata da un ingresso di servizio nell'istituto - come uno che lo conoscesse bene. Poco prima, ancora era notte, quell'ombra aveva chattato con una ragazza sconosciuta e lontana, tale @epnupues, mostrandole un'arma nuova di zecca. Regalo per Salv8dor, per il suo 18esimo compleanno. "Che c'entro io con le tue armi"? Aveva risposto @epnupues, spaventata, e aveva chiuso. Salv8dor era Salvador Ramos, 18 anni, studente di quella stessa scuola fin da bambino. Prima, a casa, ha sparato a sua nonna. Poi, a scuola, ai più piccoli. 19 bambini e 2 maestre uccise. Ancora una volta. L'ennesima strage, appena dopo Buffalo, negli Usa. Suprematisti bianchi, razzisti, follia, armi in libera vendita, c'è di tutto nella miscellanea sotto a queste esplosioni. Come bolle che scoppiano da un magma sotterraneo. «Ti devo dire un piccolo segreto», l'ultimo messaggio di Salv8dor a @epnupues. Prima di uscire, all'alba. Ha sparato alla nonna, al bambino che era stato. Non c'era nessuna guerra, ma c'era un'arma. E, nel cuore di un ragazzino, un odio profondo, antico – pietrificata, dimenticata radice.
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