Davvero è necessario gridare per raccontare faccende importanti? Sul serio bisogna inventarsi qualcosa per attirare l'attenzione? Chissà. Certo quando il cantautore romano Mario Castelnuovo salì sul palco di Sanremo nell'84 per cantare Nina non gridava. Con garbo raccontava una storia vera di un amore nato durante la guerra, nella notte dell'uomo fra oscuramento e bombe. «Notte scura, notte chiara, notte finirai… Notte che non sai che Nina ha pianto di paura in latteria, perduta nel rifugio sotto casa sua… Dentro un libro di Liala la serenità, Roma adesso è troppo avara, non ti ascolterà… E incontrarlo, lui che viene da lontano, probabilmente è stato l'unico regalo! Ma la guerra giù alla porta gli ha bussato già, la divisa d'artigliere e una fotografia…» Lui che viene da lontano e Nina: i genitori dell'artista. «Dove vai, dove sei, Nina aspettami ancora, finirà questo inverno, questa rabbia di un'ora… Dove vai, dove sei, ogni sera al portone se vuoi ti aspetterò…» No, non serve gridare, se c'è verità. Non serve inventare se si sa cantar d'amore vero in poche parole che valgono però, in fondo, migliaia di Festival. «Dove vai? Dove sei? Nina, credi all'amore?» Sì, ci crede ancora all'amore, Nina: a lei basta che abbia occhi sinceri. «Credo ancora all'amore, perché avrà… gli occhi tuoi».
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: