Nella «Missa» di Orlando di Lasso la spiritualità del '500 in polifonia
domenica 28 agosto 2005
Il cosmopolita Orlando di Lasso (1532-1594) incarna in modo esemplare la figura ideale del «maestro» tardo-rinascimentale: franco-fiammingo per nascita e vocazione, italiano per formazione, tedesco per adozione e scelta professionale, il «principe dei musici» ha infatti saputo dar vita a un'attività creativa di portata sovranazionale e a una geniale quanto personale sintesi stilistica. Stima e considerazione gli vennero tributate in ogni angolo del continente: è infatti lui l'ultimo significativo esponente di quella scuola fiamminga che per quasi duecento anni si è imposta sulla ribalta musicale europea. La sua originale produzione compositiva non ha mai abbandonato le regole poste a fondamento dell'illustre tradizione «oltremontana» dai grandi autori del passato, ma le ha piuttosto rielaborate per forgiare una fantasiosa varietà di forme e linguaggi che intendeva rivolgersi al fulcro emotivo dell'opera artistica. Dietro all'indiscusso virtuosismo che vivacizzava le trame vocali dei suoi lavori, difficilmente Orlando perdeva infatti di vista la centralità espressiva della parola; il testo guidava saldamente il percorso musicale e nessun intreccio polifonico, per quanto complesso, doveva mai tradire la resa «drammatica» dei sentimenti compresi nella traccia letteraria, di qualunque natura essa fosse. Nella sublime celebrazione d'Amore che trabocca dal biblico Cantico dei Cantici, attribuito a Re Salomone, Lasso individuò così lo spunto ideale per cantare il legame indissolubile che unisce Cristo alla Chiesa, Sua sposa celeste, e alla Vergine Maria. Il progetto discografico che Andrew Carwood e l'ensemble vocale The Cardinall's Musick hanno intitolato alla Missa «Surge propera» (cd pubblicato da ASV e distribuito da Sound and Music) raccoglie, insieme con l'omonima composizione liturgica e il brano da cui essa è derivata, alcuni splendidi mottetti come Quam pulchra es, Vulnerasti cor meum, Veni dilecte mi e la versione «Quarti toni» a 8 voci di uno degli oltre cento adattamenti del Magnificat concepiti da Lasso; ammirevoli esempi di quanto di meglio potesse allora scaturire dall'arte polifonica di carattere sacro, ma soprattutto compiute ed equilibrate miniature sonore in grado di «muovere i più alti affetti».
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