Torino, 2 maggio 2010 - «Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi». Nella penombra del Duomo Benedetto XVI si inginocchia davanti alla Sindone. L'immagine di quell'uomo massacrato colma la cattedrale con la sua muta, imponente maestà. Quanto a lungo resta in ginocchio il Papa, contemplando quel volto? Da fuori, il fruscio di un piovasco di primavera, voci smorzate dalle vie della città. Davanti alla Sindone Benedetto XVI insegna che nella solitudine più estrema dell'uomo, dove regna l'abbandono senza più alcuna parola di conforto, là la voce di Cristo è risuonata: nel profondo del regno della morte.Nel silenzio del Duomo allora penso a quanto di dolore ho visto, in questi anni. Ai bambini degli orfanotrofi moldavi, alle madri di figli che non ritornano, ai profughi che giacciono sul fondo del Mediterraneo, dimenticati e ignoti. Anche dentro questo rappreso, coriaceo grumo di dolore, quella notte, Cristo è passato.C'è una giustizia umana che sani tanta sofferenza, o un umano potere che possa credibilmente promettere: mai più? Quel volto martoriato davanti a noi, sola speranza capace di reggere l'urto, e di guarire il nostro sterminato male.
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