Cristo, al centro della storia del mondo e unica risposta possibile alle domande di significato che interrogano l'esistenza di ogni singolo uomo; è questo il punto di partenza da cui ha preso le mosse il compositore tedesco Andreas Romberg (1767-1821) per concepire il suo oratorio per soli, coro e orchestra intitolato Der Messias. Una sorta di poema musicale sacro scritto a lode e gloria del Salvatore, suddiviso in tre distinte sezioni che vanno a ricreare un affresco sonoro di ampie proporzioni, fedelmente riproposto nell'edizione discografica approntata di recente da Hermann Max a capo del complesso vocale Rheinische Kantorei, del gruppo orchestrale Das Kleine Konzert e di un valido quintetto di cantanti solisti (cd pubblicato da Cpo e distribuito da Sound and Music).
Partitura contraddistinta da una spiccata vocazione drammaturgica, a tratti combattuta tra un sofferto intimismo e una compiaciuta enfasi retorica, percorsa da modulazioni, linee dinamiche e disegni ritmici frutto di una sintesi tra svariate istanze stilistiche e musicali che si pongono a cavallo tra reminiscenze tardo-barocche e le nuove sensibilità estetiche di carattere pre-romantico; fatte le debite proporzioni, vi si possono infatti ravvisare passaggi corali che riverberano le grandiose atmosfere dei celebri oratori di Haydn (il coro degli "Angeli" nella prima parte o quello delle "Anime benedette" nella seconda) e numeri vocali di una plastica lievità che richiamano alla memoria le grandi opere teatrali di Mozart (come il duetto che chiude la prima parte dell'oratorio o l'arioso di Eva "Benedetto e Santo sei Tu"), insieme con passaggi strumentali di un eroismo sinfonico quasi beethoveniano (gli accompagnamenti del "Coro celeste" iniziale o le perorazioni che preludono all'ingresso della "Voce del Messia"). Una musica densa di chiaroscuri espressivi, illuminata da una luce che appare spesso lunare, sospesa, fissa, ma ciononostante capace di arrivare dritta al cuore di chi la ascolta e di portare il suo messaggio di fede e di speranza, per esplodere sfolgorante nel tripudio del coro finale che, tra rulli di tamburo e squilli di trombe, viene innalzato per onore e adorare il Redentore, «sovrano delle sfere celesti e conforto di tutte le anime sofferenti».
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