Il duro inverno della Juventus e quello che ci sta intorno (dipinto in termini drammatici, eppure ricordo benissimo d'averne vissuti di peggiori) mi hanno suggerito la scelta di un Uomo dell'Anno. Scelta tutta mia, senza giurie, senza votazioni o sondaggi. Io ho scelto Gianluigi Buffon, fra un mese trentunanni, ancora il miglior portiere del mondo, sempre che la Vecchia Signora non lo trascini sul fondo. Gigi l'ultrà, spavaldo ma di buonsenso, il guerriero tenero papà, il polemista ironico, è il perfetto soldato del Generale Inverno e posso garantirlo perchè in questa veste l'ho conosciuto proprio là dove fu sconfitto Napoleone. Era notte, a Mosca, e cadeva la neve sul tappeto verde del Luzhniki, il vecchio ammuffito e malrappezzato stadio Lenin che i prefetti italiani avrebbero chiuso non già per neve e gelo ma alle prime nebbie. Si giocava Russia-Italia per le qualificazioni a Francia '98 e la Nazionale di Cesare Maldini doveva giocarsi le ultime carte proprio con la ridimensionata squadra russa senza ucraini nè georgiani. Cominciò a nevicare al fischio d'inizio e anche noi giornalisti lavoravamo allo scoperto, ma almeno i giocatori correvano.
Noi, immobili, trangugiavamo liquori da riscaldamento. Il giorno dopo seppi da alcuni colleghi moscoviti che la tv nazionale - dove al pomeriggio avevo partecipato a un dibattito su Calcio & Mafia - mi aveva inquadrato mentre bevevo a collo da una bottiglia di vecchia riserva churchilliana offertami da un magnate locale che con le mani disegnava nell'aria un'idea di pioggia.
E invece voleva dir neve. Ricordo benissimo che a un certo punto - era il minuto 33 della sua partita azzurra numero 33 - si fece male Pagliuca, il portiere titolare lasciato in eredità da Arrigo Sacchi, e mentre cadevano fiocchi che sembravano tortellini vedemmo entrare in campo, di corsa e con una personale nuvoletta di vapore sulla bocca, un ragazzone smilzo con una maglietta a maniche corte. Sì, era Gigi, diciannovenne all'esordio, già spavaldo, all'apparenza per nulla intimorito: la folla imbiancata lo salutò con un applauso di simpatia. Il suo compagno di reparto anche al Parma, Fabio Cannavaro, lo salutò con una vibrante autorete e pareggiò il gol di Bobo Vieri, cosa che nè Aleinichev nè Kolyvanov, vecchie conoscenze, eran riusciti a fare. Gigi non s'arrese e nell'ultima mezz'ora si esibì in alcune belle parate che gli valsero, a fine gara, il caloroso abbraccio dei compagni. Avevamo conquistato il diritto allo spareggio, che si giocò a Napoli, alla fine di una bella giornata di sole: vincemmo con un gol di Casiraghi. Ma Gigi era già sparito. Per ridare il posto a Peruzzi, eppoi a Pagliuca. Sparito fino a marzo del '99, quando un commissario tecnico che di portieri se ne intendeva, Dino Zoff, lo fece titolare contro la Danimarca. E nacque la leggenda di Buffon il Grande, al quale mi piace augurare un ritorno felice fra i pali della Sciagurata bianconera dopo essere stato operato al ginocchio il 13 dicembre scorso. Naturalmente per averlo grandissimo al Mondiale in Sudafrica. Dove farà freddo, ma senza neve.
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