da Roma Giovanni Ruggiero
Quanto la Costituzione sia stata a cuore dei costituenti cattolici che contribuirono a scriverla " se non si volessero leggere tutti gli atti dell'Assemblea costituente " si capisce da una frase folgorante di Dossetti, come la riporta Giancarla Codrignani che a Roma ha moderato un convegno su Bibbia e Costituzione, promosso da Biblia, l'associazione laica di cultura biblica. «Se i Dieci Comandamenti dovessero far cilecca, " avrebbe detto dunque Dossetti " salvate almeno la Costituzione».
La nostra Magna Carta ha 60 anni, e Biblia la sta leggendo per cercare in essa fili segreti e delicati che la ricollegano alla tradizione culturale e religiosa occidentale, pur riconoscendone la profonda laicità «che " spiega Valerio Onida, presidente emerito della Consulta " come principio supremo non vuol dire che lo Stato sia estraneo o ostile alla religione, ma che riconosce il pluralismo religioso e la piena libertà di aderire all'una o all'altra confessione». Che la religione potesse essere occasione di divisione, specie nel 1948 in una Italia che usciva lacerata dalla guerra, lo intuì anche La Pira che non insistette perché un preambolo alla Carta contenesse la formula «in nome di Dio». Andando più lontano, " e lo fa Mario Miegge, docente di filosofia teoretica a Ferrara " il patto sociale, che le Costituzioni in qualche modo cristallizzano, ha radici dirette nella Bibbia. Il filosofo le rintraccia nell'Esodo, e cioè nel patto sinaitico tra Dio e il suo Popolo. «Il richiamo all'Esodo " sostiene Miegge " è presente, a partire dal Medioevo, in molti documenti della storia politica. Ma se questo patto non resta saldamente legato alla memoria della oppressione e della liberazione, è esposto al pericolo di prendere a sua volta connotati di esclusione e di discriminazione nei confronti degli estranei, e si accrescono i rischi che la democrazia stesa si trasformi in un regime autoreferenziale, eventualmente plebiscitario e tendenzialmente totalitario». La massima espressione di questo patto, la nostra Costituzione la traduce nell'articolo 3 che scolpisce la "pari dignità sociale". È una formula di non poco conto: «In essa " dice Piero Coda, presidente dell'Associazione teologica italiana " vengono coagulati tre dati che intendono formare un tutt'uno: la dignità, e cioè l'intrinseco valore riconosciuto a ogni cittadino in quanto tale; specificata dalla qualifica della parità, e cioè dall'essere essa identica in ciascuno di coloro che la posseggono e la esercitano; e insieme dalla sua socialità, e cioè dalla connotazione per cui essa, la pari dignità, è tale nel e per il suo proporsi nella relazione dell'uno, o degli uni, verso l'altro, o verso gli altri». In tutto questo intreccio " si chiede il teologo " quale ruolo ha giocato l'ispirazione biblica e in particolare quella cristiana? «Tale ispirazione " sostiene Coda " ha offerto alla civiltà umana, in specie a quella occidentale, un ampio e lavorato humus teologico e insieme antropologico per la percezione e la realizzazione della dignità sociale dell'uomo e della donna, a partire dal riconoscimento e dalla promozione della loro libertà e uguaglianza».
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