Dopo l'emozionante rimonta della Roma sul grande Barça – e vorremmo tanto che si ripetesse domani sera con l'audace Liverpool – il calcio italiano ha avuto un sussulto d'orgoglio, sentendosi più che mai vicino alla realtà europea (grazie anche alla bella Incompiuta della Juventus al Bernabeu). Ma basta poco per ricadere nella pratica tafazziana di sminuirsi fino al ridicolo. Come succede al Napoli che sta ancora affermando la sua indiscussa qualità di gioco dovuta a un gruppo di calciatori di valore trasformati dal maestro Maurizio Sarri in squadra capace di contrastare dall'inizio del campionato i riconosciuti superpoteri della Juventus. E non si tratta, per esser chiari, del solito confronto Golia-Davide, che piace rammentare quando una “provinciale” inguaia una “grande”. No. Napoli e Juve si stanno confrontando da mesi alla pari, consumandosi partita dopo partita alla ricerca del successo finale che ha già trovato titolari illustri nel resto d'Europa; alla pari, considerando poco più che una boutade le differenze di fatturato invocate come alibi; e tuttavia ecco scodellato un altro alibi che offende il Napoli: la caduta di Firenze, rovinosa e riconosciuta come incidente tecnico dallo stesso Sarri, sarebbe dovuta al clamoroso e polemico successo della Juve sull'Inter, così come la sconfitta interna con la Roma sarebbe stata determinata dalla precedente rapinosa vittoria della Juve sulla Lazio. Mammamia, portiamo alle stelle i nostri idoli, li gratifichiamo di gesti eroici eppoi d'improvviso li trattiamo da pappemolli. Ve lo vedete voi il crinito Hamsik dal sorriso d'acciaio in preda al tremolío delle gambe per le gesta di un bomber ripetitivo (!) come Higuaín? E il gigante Koulibaly, appena venerato come eroe per aver sconfitto la Juve, si è forse impappinato con Guizzo Simeone perché stordito dal (non) fischio di Orsato per Pjanic? Potrei continuare l'elenco di pedatori forti e onesti, non cacasotto senz'anima: ma a certa letteratura appena infarinata di competenza e a certo tifo capace più che altro di infangare i social già paludosi, piace darsi alibi e passar repentinamente dall'altare dell'Allianz Stadium alla polvere (si fa per dire) del “Franchi”; dallo scudetto in pectore (che non vuol dire sul petto) alla sconfitta. Peraltro consolatoria. Si ciancia di “ vittoria morale” e magari di “derrota gloriosa” che cito spesso ricordando un collega messicano che piangeva invocando una vittoria. Una. Per la vita. Per sempre. Mentre una volta di più a Napoli si rischia di restare a Maradona, come se in fondo nessuno volesse togliergli l'aureola di Santo Vincitore, altro che San Gennaro. In verità, parlando di calcio, banali errori dei tecnici (più uno, dico uno, di Orsato) hanno portato l'Inter a cedere tre punti alla Juve, il Napoli a farsi schiaffeggiare dalla finalmente energica Fiorentina. Spalletti ha sostituito inspiegabilmente Icardi beccando subito dopo la velenosa sconfitta, proprio come aveva fatto a Liverpool il gastroridente Klopp con Salah, incassando in pochi minuti i due gol che tengono in corso la Roma. Sarri, poi, s'è rivelato a corto di idee nel risolvere il problema del Koulibaly espulso: lo stratega e il tattico che ha impressionato il calcio italiano ancora fermo al contropiede e alle carabattole d'antan ha fatto una mossetta suicida togliendo di mezzo al campo il prof Jorginho. Una tafazzata, come si diceva. Mentre devo dar atto all'Allegri spesso irritante di aver fatto scelte giuste, a partire dall'inserimento di Dybala ch'era partito come il nuovo Messi(a) ed è diventato il titolare del pronto soccorso. Allegri - come Mastro Capello - mette giustamente ancora in primo piano il valore dei campioni che ha a disposizione. L'unico inventore/ allenatore d'Italia rimane Gasperini. Ma questa è un'altra storia. Per Juve e Napoli - falsità sugli arbitri, presto smentite, a parte - la lotta continua. Attenti - dico loro - a quelli che dovrebbero scansarsi. Fiorentina docet.
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