Ordunque Elon Musk si prende Twitter e sui quotidiani fioccano le domande. Massimo Gaggi sul “Corriere” (27/4), ad esempio: «Chi governerà materialmente Twitter, visto che il nuovo proprietario ha già la responsabilità di aziende molto complesse, da Tesla a SpaceX? Come farà il libertario Elon Musk a eliminare i filtri dei contenuti immessi in rete senza ridare spazio alla disinformazione e alle teorie cospirative?». Per non dire delle possibili pressioni della Cina, con metà delle sue Tesla prodotte a Shanghai... Massimo Platero (“Repubblica”, 27/4) incalza: «Non ha mai chiarito che cosa farà con le menzogne, con le grossolane bugie che spesso circolano sui social media». E quali saranno le sue vere intenzioni? Starà cullando pure lui il progetto definitivo, divenire presidente Usa? Forse, scrive Gianni Riotta (“Repubblica”, 27/4), accarezza il sogno di «una sua corsa alla Casa Bianca». Riotta non è pessimista e concede: «È possibile che nasca un universo digitale più ricco e libero». Negli Usa, avverte Giuliano Balestrieri (“Stampa”, 27/4), «i repubblicani esultano e i democratici storcono il naso, lamentando lo strapotere dei miliardari nell'influenzare l'opinione pubblica». Il quotidiano torinese sembra pendere dalla parte dei democratici, affidando una pagina intera a un'intervista di Alberto Simoni ad Alec Ross, ex consigliere di Obama, dal titolo: «Un pericolo per la democrazia, esploderanno insulti e fake news. Musk userà la libertà di parola come un'arma (aprendo) alla disinformazione delle potenze straniere». Chi ha più simpatia per i repubblicani, invece, gongola. Francesco Maria Del Vigo sul “Giornale” (27/4) conclude così la sua analisi: «Non sappiamo se il muskismo si farà mai politica, nel frattempo quella di Elon è una bella iniezione libertaria nel corpaccione di una società ancora troppo perbenista e statalista».
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