Prima non c'erano mai stati. Dopo le hanno strizzate, dominate, infangate. E si sono fatti cacciare via. In tutto 461 medaglie, sotto nomi diversi però: Impero Russo, Unione Sovietica, Squadra Unificata, Russia, OAR (Olimpic Athletes from Russia).
È una storia mai dormiente di sigle che cambiano, e di muscoli che vanno e vengono. Dopo la rivoluzione del 1917, Helsinki 1952 è la prima Olimpiade alla quale partecipa l'URSS. La prima occasione nella quale uomini e donne ai quali era stato fatto credere di essere creature aliene e separate si sfiorano e si parlano, corrono, saltano, vincono e perdono come gli altri. E insieme agli americani. Si incontrano e si scoprono con curiosità, sotto lo sguardo attento di Cia e Kgb che vigilano in disparte ma anche dentro e con la tuta addosso. Finisce 76 a 71 per gli Stati Uniti la guerra delle medaglie in queste Olimpiadi, ma inizia la lunga battaglia dei sovietici per restare dentro lo sport. Abitarlo senza imbrogliare è la vera sfida, come resistere alle tentazioni del doping di stato che ammalia da sempre l'Est del mondo. Non ci sarà la Russia, come nazione almeno, tra 22 giorni a Tokyo. Squalificata dal tribunale sportivo per aver messo in atto un sistema criminoso che dal 2012 ha coinvolto più di mille atleti, agevolando o permettendo che si gonfiassero con sostanze vietate prima, e nascondendo le prove poi. Ma tutto questo Vicktor Chukarin non lo sa. Lui, sovietico fiero, a Helsinki '52 vince 4 ori nella ginnastica. Solo fatica, non droga. Sul podio nasconde il numero che a Buchenwald i nazisti gli hanno tatuato sul braccio. Cinque numeri, come i cinque cerchi: c'è un altro sport che è più forte di tutto.
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