domenica 1 settembre 2019
Il disco l'artista l'ha intitolato “All'Italia”. Per dedicare a questo Paese, troppo spesso preso dai suoi circhi barnum fra tv, politica ed arte varia, lettere come questa. «Ti penso, amico mio, chissà com'è girato il tuo destino... L'ultima volta che t'ho visto era qualche anno fa, per festeggiare la mia laurea ci siam bevuti il bar! Ero dottore in medicina, dissi: andrò via due mesi, e ormai i miei anni qui li ho spesi... Son partito volontario per il Mozambico, due ore dopo che arrivai sarei scappato via... Ma per capire ci volle solo qualche giorno: questa mia Africa c'è chi la chiama inferno! Io guardavo facce disperate senza aver mai parole, poi le guardavo meglio... E incontravo il sole. So bene che su in Occidente usate volti di bambini per commuover tanta gente; ma se anche il Cristo in cui credo fosse lì davanti, non lo vedreste: siete distanti. A volte mi domando se saprei tornare, ma lì non saprei che fare: a chi mi chiede oggi cosa sono, rispondo... Un medico, migrante, ed italiano. ...Chissà tu cosa fai, a volte anch'io mi sento giù: imparo a vivere da chi vive di più... E se ti vengo in mente, non temer per la mia vita: qui, è meravigliosa». Ne ha scritti tanti di gioiellini, Massimo Priviero: questo è uno dei più splendenti.
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