Mounk: democrazia eterno esperimento
venerdì 22 luglio 2022
Una poco fortunata rivista nata in ambiente Einaudi all'inizio degli anni 80, “Laboratorio politico”, immaginava l'Italia come un Paese d'avanguardia, luogo privilegiato di esperimenti esemplari per tutta l'Europa, se non per l'intero mondo. Si trattava di un gruppo di intellettuali vicini o interni al Partito comunista di Enrico Berlinguer, che aveva inventato una formula divenuta famosa, da molti ancora rimpianta, ma che in epoca di Guerra Fredda era evidentemente impraticabile: un “compromesso storico” con i comunisti al governo insieme alla Democrazia cristiana. Come se definirsi ancora comunisti in presenza di un confronto nucleare nel cuore dell'Europa fra Stati Uniti e Unione Sovietica non implicasse anche un'accettazione benché parziale del comunismo russo. Anche una cosa come un “laboratorio politico” era una fantasia di intellettuali politicizzati e aspiranti consiglieri dei politici, non molto attenti però a quanto stava avvenendo nella società italiana con l'emergere di una nuova, più moderna, classe media universale alla quale, senza saperlo, appartenevano anche loro. Mai farsi ipnotizzare dalla scena politica e dal suo teatro trascurando la società, che viene sempre prima e dopo. Sulla società richiama l'attenzione Yascha Mounk nel suo libro Il grande esperimento. Etnie e religioni minacciano la democrazia? (Feltrinelli). Finalmente qualcuno che non ripete che oggi la democrazia è in crisi, come se ieri tutto andasse democraticamente per il meglio, fosse funzionale e soddisfacente. Mounk insiste invece sul carattere sempre sperimentale della democrazia, in particolare oggi e nel futuro, nelle nostre società ormai multietniche e multiculturali: «Affinché le democrazie eterogenee possano prosperare, i cittadini devono condividere un'identità comune». Il che significa che si dovrà guardare sempre più con diffidenza sia al nazionalismo che al patriottismo etnico e religioso, a cui è successo ripetutamente di fomentare lo spirito di esclusione, contrapposizione e discriminazione. Ma all'interno di ogni Paese un diverso patriottismo dovrebbe creare un'identità collettiva che favorisca la solidarietà fra individui. È questo il decisivo esperimento che le società democratiche, per essere democratiche, dovranno affrontare nel prossimo futuro.
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