Sarà che la tragedia dell’aereo "suicidato" mi ha impressionato profondamente, rendendomi ipersensibile a tutto ciò che vola per tecnologia e non per natura. Sarà che finora ho associato la parola "drone" a un combattimento ancor più impari del bombardamento aereo. Sarà che ero un po’ geloso dei senzatetto che hanno appena visitato la Sistina. Sarà che una vita fa sono passato da Monreale senza poter entrare a vedere il Duomo, e ancora lo rimpiango; sarà, soprattutto, che non ho mai dimenticato la lettera pastorale Amiamo la nostra Chiesa del compianto arcivescovo Cataldo Naro, e la sua lunga citazione di quando Romano Guardini partecipò, nel Duomo, ai riti della Settimana santa… Ma ieri sono rimasto catturato da un video, condivisomi (si dice?) su Facebook da Alberto Iacopini, che mostra le immagini del Duomo di Monreale girate da un drone. Vengono da un sito turistico, "SiciliaCam" (http://tinyurl.com/qyk9z93); mi paiono postate di recente (ma non potrei giurarci), e le accompagna un breve commento, che sottolinea la possibilità di «ammirare questa magnifica opera da una prospettiva inedita e mai vista prima». Rileggo Guardini citato da Naro e vorrei avere l’intera pagina del giornale, per riportarlo tutto. Chi può, usi il link (http://tinyurl.com/odeak9s); agli altri, se già non lo ricordano, dico che il grande teologo racconta la sua emozione per un’«ineffabile bellezza » e uno «splendore» che sono insieme del Duomo, della liturgia pasquale che ne rianima le figure e della folla presente: «tutti vivevano dello sguardo, tutti protesi a contemplare». E penso che questo drone è ben povero: intanto non ha nemmeno un micron di visione teologica; poi è sfortunato, perché lo portano a visitare il Duomo di Monreale quando è vuoto, e l’oro "dorme": infine è infido, perché i mosaici sono stati creati per essere guardati da terra, e non volando. Però gli voglio bene lo stesso, al drone di Monreale: un drone disarmato – e non è poco – che, in Rete, ci ha fatto volare fino a Guardini.
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