«È diventato urgente ripensare l'idea di limite». È questo l'ammonimento che il professor Remo Bodei, attendibile storico della filosofia e non sfrenato filosofo in proprio come oggi è di moda, lancia nel suo ultimo libro intitolato appunto Limite e pubblicato dal Mulino (pagine 124, euro 12).A dire la verità, si tratta di un'urgenza non recente, se è vero quanto ci comunica lo stesso Bodei riassumendo così i dati di una situazione storica secolare: «Soprattutto la modernità occidentale è stata intesa, non senza enfasi, come una consapevole e sistematica violazione dei termini prefissati, che avrebbe trasformato l'uomo in superbo e libero creatore del proprio destino». Cosa che ha portato a «una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa auto-esaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili».La questione presenta aspetti paradossali. Proprio l'umanesimo e più tardi l'illuminismo, orientati ad una focalizzazione della coscienza sulla realtà fisica e terrestre della condizione umana, hanno portato a dimenticare, se non a negare filosoficamente, i confini dell'umano, attribuendo alla nostra volontà buona parte dei poteri sottratti a Dio.Se l'umanesimo più empirico e onesto, quello per esempio di Montaigne o di Leopardi, si è mostrato nemico di ogni enfatica negazione dei limiti umani, descrivendoli con un'evidenza letteraria indimenticabile, bisogna anche dire che il titanismo e l'ingigantimento della figura dell'uomo nel cosmo e nella storia ha dominato perfino nel cristianissimo Michelangelo e più tardi in Hegel, Beethoven, Marx, Nietzsche, per arrivare alle avanguardie artistiche e politiche del Novecento.Oggi è però chiaro che il problema non è più filosofico ma pratico. L'uomo medio universalizzato vuole tutto. Il titanismo e materialismo attuali sono ormai domestici, in pantofole. Il loro linguaggio è quello degli ingegneri genetici e informatici, dei teorici della crescita economica illimitata, della perfettibilità bionica del corpo umano, della soddisfazione di ogni desiderio riformulato come diritto e più in generale della produzione e del consumo senza limiti di merci protettive, eccitanti, tranquillizzanti, illusionistiche.Ma qui il paradosso che emerge è un altro. L'uomo che si crede onnipotente lo è sempre meno poiché delega sempre più poteri alle macchine: perfino il potere di sapere e quello di decidere.
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