La previdenza offre una nuova forma di riscatto di contributi, utilizzabile solo nel 2024 e nel 2025. Si tratta della copertura, a proprio carico, di periodi detti “non coperti” da versamenti obbligatori collocati all’interno degli anni dal 1996 al 2023. La nuova opportunità si presenta molto utile per coprire anni vuoti per l’Inps e quindi per disporre di una maggior anzianità previdenziale con effetti positivi per il pensionamento.
L’Istituto di previdenza ha fissato le regole per utilizzare il nuovo beneficio nella circolare n. 69 del 29 maggio, sulla scorta di quanto stabilito dalla legge di bilancio del 2024 (artt. 126 – 130). Per sommi capi, vale la data del 1° gennaio 1996: prima di questa occorre essere privi di alcun contributo in qualsiasi forma di previdenza obbligatoria, dopo il 1996 essere stato assicurato per la prima volta; in tutti i casi non essere già titolare di una pensione. Il riscatto può interessare complessivamente fino a 5 anni di contributi, anche non continuativi, pagando anche in 120 rate e senza interessi. L’onere si calcola col sistema contributivo ed è detraibile per il fisco al 100% (per altri riscatti, di norma, è al 50%.). La domanda può essere presentata dal diretto interessato o, in sua vece, da un familiare superstite, o anche da un parente o affine fino al secondo grado.
Il nuovo riscatto ha un carattere decisamente universale perché sono ammessi, senza distinzioni, i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi, i collaboratori, tutti i dipendenti da qualsiasi pubblica amministrazione, e compresi i giornalisti. Ancora una volta, la legge e l’Inps non considerano i ministri di culto, con una evidente discriminazione sociale e giuridica.
Questa disparità è aggravata da un ulteriore passaggio. Chi riscatta deve farlo nella gestione pensionistica dove è assicurato, a condizione di non avere prima del 1996 un qualsiasi contributo (obbligatorio, volontario, figurativo, da altro riscatto ecc.) nelle “forme pensionistiche obbligatorie”, insomma un perfetto sconosciuto alla previdenza universale. Infatti questa condizione – secondo l’Inps – deve sussistere anche nelle Casse dei liberi professionisti, nei regimi previdenziali di tutti i Paesi dell’Unione Europea e nei Paesi convenzionati direttamente con l’Italia tra i quali anche lo Stato della Città del Vaticano.
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