A pochi giorni dall'annuncio dell'apertura, hanno già chiamato centinaia di milanesi. Vogliono aiutare i profughi: c'è chi compra i biscotti per la colazione, chi offre il bagnoschiuma e chi cucina lo spezzatino per la cena. Da martedì la Comunità di Sant'Egidio ha infatti "aperto le porte" della propria sede a Milano per ospitare ogni notte 12 profughi (donne, uomini, minori). Siamo alla Casa dell'Amicizia di via Olivetani, dove durante l'anno Sant'Egidio svolge la scuola di lingua e cultura italiana, la Caffetteria dell'Amicizia per i senza dimora e in cui hanno la residenza tanti senza casa della città. Il nome è significativo: oltre ai pasti caldi, la doccia e i servizi igienici, un letto per dormire, la possibilità di cure sanitarie e orientamento legale, l'accoglienza (completamente autofinanziata) è caratterizzata da un clima di ospitalità familiare. In amicizia, appunto.
In tanti hanno risposto all'appello della Comunità a non rimanere indifferenti di fronte ai profughi che dormono per le strade della città: singoli cittadini, parrocchie, scout, luterani e anglicani, mostrando un ecumenismo concreto che unisce i cristiani nell'aiuto ai profughi. Se la xenofobia e l'ostilità possono essere contagiose, la solidarietà lo è altrettanto. «Abbiamo sentito l'urgenza – spiegano da Sant'Egidio – di riaffermare il valore dell'accoglienza. Vogliamo costruire una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare». È quello che i vescovi italiani hanno chiesto con la nota del 19 luglio: «Coinvolgersi in un'accoglienza diffusa e capace di autentica fraternità».
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