Può una canzone senza pretese d'autore farsi laica preghiera a un Dio creduto, certo, ma intravisto con sempre maggior fatica nella quotidianità? Può una voce "pop" saper dare sfogo alle paure e alle tragiche incertezze di un presente percepito come sempre più malato? Nel 1992, Anna Oxa ci ha provato. E forse, rileggendo ciò che cantava, ci è pure riuscita. «Io non capisco quante anime ho, da quanto tempo non ti sento più mio… Io, come tanti, sono senza Dio… Mi guardo attorno e c'è la realtà: Paesi in guerra e storie senza pietà… La tua preghiera invece è solo un fruscio, chiunque uccide un altro è senza Dio: dove sei? La gente non ne può più! … Quel bimbo magro non ha fame di te, né gl'interessa di sapere chi è il Padre in cielo, lui soffre piange e muore senza Dio… Dove sei, la gente non ne può più, perché non serve quaggiù, quel mezzo angolo del cielo da dove guardi noi… Un mezzo angolo del cielo che è solo per gli eroi… Ma noi non siamo così, noi dobbiamo vivere…». Quella voce nobilmente pop, quella canzone pensata per una normalità alta della discografia di largo consumo, sapevano forse fotografare il cielo delle incertezze di tanti. E come può capitare al pop ben scritto, in fondo, continua a fotografare anche oggi l'orizzonte di chi si sente smarrito.
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