Un giorno ci scapperà un sorriso quando scopriremo che era solo un vezzo leggere sull'etichetta la parola «anfora». Ma oggi l'utilizzo di quel contenitore antico per l'enologia è diventato trendy e solo dieci anni fa Francesco Tava, che aveva preso in mano l'azienda di ceramiche del padre a Mori, in Trentino, dove produceva stufe, non immaginava che la sua azienda si espandesse. Più di mille anfore l'anno col 70% destinato in Francia. Tutti le vogliono: un po' per convinzione, un po' per moda, tanto che qualcuno, una volta perfezionato l'acquisto, si chiede cosa debba fare. Quarant'anni prima capitò la stessa sorte alle barrique, le piccoli botti di rovere della Slavonia. E già allora c'era chi indicava in etichetta «affinato in barrique». Ma in assenza di una ricerca seria, tutto era spesso giocato sul provare, col risultato che i consumatori pagavano una moda che rischiava di omologare il vino, con quella nuance di vaniglia. Ci sono voluti anni per capire come usare la botte per "elevare" un vino. Con l'anfora accade più o meno la stessa cosa, salvo scoprire che l'eccessiva porosità dei contenitori a disposizione già vent'anni fa non faceva sempre bene al vino, ma lo ossidava precocemente. Cosa ci insegna dunque questa tendenza che è metafora di atteggiamenti odierni? Innanzitutto che siamo un Paese che dimentica velocemente e molto spesso evita di far tesoro degli errori del passato. Si torna sempre al via, come nel gioco del Monopoli: succede coi contagi del Covid dopo le vacanze, succede quando si relativizza tutto per cui la Terra, per alcuni, è piatta e i vaccini sarebbero nocivi. In questi giorni la vendemmia porta a casa grappoli di buona qualità, ma il tema che si dibatte nelle vigne è sul futuro: i cambiamenti climatici pongono interrogativi sulla coltivazione in alcune zone, dove la siccità s'è fatta sentire oltre il limite di sopportazione della pianta. Gli enologi ci dicono che sono 70 anni che non si fanno più ricerche sui portainnesti della vite; e solo con la ricerca si può capire cosa stia avvenendo in natura per non subire i cambiamenti. Dare fiducia alla ricerca, incentivarla, è l'unico antidoto alla chiacchiera che spesso rischia di degenerare o di condurre a scelte errate. Anche Francesco Tava lo ha capito e le sue anfore oggi funzionano perché nascono dall'osservazione e dalla ricerca. Poi ognuno può pensare che la Terra sia piatta e che gli asini abbiamo le ali. O che la scienza sia un capriccio. Ma un Paese serio sa che non è così. Il resto è gioco.
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