Capita a volte di leggere giornali brutti; non perché siano fatti male, ma perché zeppi di notizie brutte, orribili, perfino raccapriccianti. Non una o due pagine di quella che un tempo era la “nera”, sempre troppe ma “sopportabili”; ma ben cinque di fila come sul “Corriere” (21/11), da pagina 15 a pagina 19. Come se ammazzamenti, stragi, condanne all’ergastolo e cadaveri occultati fossero finiti in un imbuto: la strage in un locale notturno in Colorado, il massacro delle prostitute a Roma, il corpo carbonizzato di una donna a Modena, il corpo (quasi certamente suo) rinvenuto della povera Saman, la ragazza pachistana ammazzata da padre, cugini e zio. Manca l’ergastolo comminato a Benno Neumair per l’omicidio dei genitori e la via dolorosa è completa.
Sulla ragazza pachistana molto appropriato il commento di Giusi Fasano sul “Corriere”, titolo: «Una via per Saman e il suo coraggio»: «Facciamo in modo – propone Fasano – che la sua ribellione sia esempio di coraggio e germoglio di libertà. Daremo voce, forma e memoria al suo messaggio: vietato piegare la testa davanti alla barbarie, all’oppressione, all’oscurantismo».
Sulla “Stampa” (21/11), suscita indignazione e proteste la pagina dello scrittore (protetto da pseudonimo) Patrizio Bati, titolo: «Sesso, persiane chiuse, pantofole. Le mie ore nella casa di via Riboty». Bati ha frequentato per anni l’appartamento delle due ragazze orientali, che mai forse avranno un nome, massacrate di Giandavide De Pau, malavitoso con il cervello bruciato dalla stessa cocaina che trafficava. Un racconto tanto ben scritto – conosce bene il mestiere, Bati – quanto gelido, privo di anima e di morale; come se non di persone scrivesse ma, appunto, di merci. Il giorno dopo fioccano le proteste a cui la “Stampa” (21/11) replica, cercando di giustificare la propria scelta. Con 24 ore di ritardo, ahinoi.
Nella sagra degli orrori, raggelanti sono le foto di un padre, il dittatore nordcoreano Kim, con la figlia per mano; sullo sfondo, nuovo di pacca, un missilone intercontinentale. È ovunque. Didascalia sul “Giornale” (20/11): «Il dittatore mostra per le prima volta la bimba». Con la bomba: solo una vocale di differenza. Scrive Renato Fabbri: «Si ritiene che abbia tre figli, mai mostrati in pubblico», a differenza dei missili.
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