giovedì 1 agosto 2013
In Italia è poco nota, anche se è invece molto famoso Tzvetan Todorov, l'antropologo che ha scritto un libro su di lei e che la considera una figura esemplare nella storia del XX secolo. È Germaine Tillion, etnologa francese, resistente, deportata nel 1942 come prigioniera politica a Ravensbruck, il campo di sole donne, dove sua madre fu inviata alla camera a gas e da dove lei riuscì a tornare. Nella sua lunghissima vita - era nata nel 1907 e morì nel 2008 - la Tillion si è occupata della guerra d'Algeria, del gulag, dei diritti umani. Ha denunciato la tortura dei paras e ha confrontato gli orrori del gulag a quelli dei lager dove era stata prigioniera. Nel bellissimo libro che ha dedicato al campo di Ravensbruck, riscritto in tre diverse versioni negli anni, l'autrice «trasforma la propria memoria in storia», come scrive Todorov nell'introduzione, cioè coniuga armoniosamente soggettività e rigore. Come Hannah Arendt, Tillion affronta il problema della "banalità del male", ricalcando le orme non di Eichmann ma di Himmler. «Bestia notturna che nasconde le sue tracce» oppure un impiegatucolo qualunque? Nel qual caso, conclude, ci sarebbe davvero da aver paura, «perché quel ventre lì», quello degli uomini qualunque, «è ancor più fecondo di quello della Bestia».
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