A Medellin, Colombia, i fiori coloratissimi sembrano scope o spazzoloni rovesciati. Ci arrivo dopo aver fatto scalo a Madrid e poi a Caracas. Si sa, è la capitale mondiale della droga, forse la città più violenta del pianeta. Una parte del territorio del Paese è in mano alla guerriglia. Qui esiste il festival di poesia internazionale più grande del mondo, diretto, da oltre un ventennio, dal poeta Fernando Rendon. L'albergo dove soggiorniamo potrebbe essere un obbiettivo terroristico dalla risonanza mondiale. Persino fuori dalla mia stanza c'è una guardia armata. Allo stadio, dove faccio il reading in italiano, un attore mi legge in versione spagnola, un interprete traduce le battute che vado inanellando. Sono migliaia gli spettatori; noi poeti usciamo dall'anfiteatro con un pullman tra due ali di folla. Se penso che l'Italia è il paese di Dante… Le letture avvengono in diverse città ed i ragazzi arrivano in autostop, molti dormono per terra, sui marciapiedi. Alla cerimonia di chiusura faccio da cavaliere al ministro della cultura, una ragazzona che aveva studiato a Perugia ed è stata campionessa olimpionica di sollevamento pesi. Quante contraddizioni col male che sconfina nel bene e il passepartout della poesia che, a volte, mi fa ritrovare dove non immaginerei.
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