Già il 5 maggio? Come passa veloce il tempo tra un sabato e l’altro quando un lavoro sia esterno alla casa che familiare impegna le migliori ore del giorno e non ci dà respiro per pensare. A volte ci neghiamo questo piacere per il bisogno di sentirci vivi, quasi la vita trovasse soluzione solo in un attivismo incessante. Perché non fingere un mattino a noi stessi di essere turisti nella città in cui viviamo e andare liberi per le strade, senza l’affanno dell’ora? Questa la mia proposta di un mattino a un amico. Proviamo così ad andare a conoscere le grandi periferie di una città che potrebbe essere Roma, Milano, Napoli o tante altre. Quartieri enormi, nuovi, ma già sciupati da una incuria diffusa dove ciò che appartiene alla comunità non è tenuto da conto. Scritte sui muri buttate li in una notte insonne o perché non si trova altro modo di far conoscer la propria esistenza. Quartieri privi di giardini, di uno spazio per un gioco, dove l’unico posto di incontro è un’anonima piazza dove si vendono giornali e si gioca a pallone tra le macchine in parcheggio. Abusivismo, sete di denaro, cattiva architettura, progetti mal pagati che non permettono di regalare un po’ di verde al bambino che corre sul marciapiede o che passa in carrozzina. L’edicola espone riviste che consigliano un cibo sano, della ginnastica e del moto per una vita migliore. Ma come e dove, in questi enormi quartieri nati lungo le antiche strade consolari come a Roma o in alto sulla collina di Genova, dove in una convulsa velocità le macchine passano fra ponti e strade quasi all’altezza dei primi piani? Dov’è il rispetto per la vita quando lo spazio si paga tanto a centimetro e l’immondizia non viene raccolta tutti i giorni, dove non si danno multe a chi porta a passeggio il cane, il quale può decidere a suo piacimento dove lasciare qualcosa di sé? Degrado che non è solo delle periferie ma che, fatta eccezione per rare strade ritenute eleganti (sempre meno, per la verità), è evidente anche nel centro di molte città. Cosa è successo a queste ultime generazioni che non abbiamo saputo coinvolgere nel nostro amore per l’ordine, per il piacere delle cose ben fatte, per l’orgoglio della storia di un Paese come il nostro così ricco di arte e di armonia da salvare ad ogni costo? «Mi sembra di essere a Marrakech», dice il mio amico mentre attraversiamo una piazza della capitale affollata da banchi di fiori, di abiti, di scarpe, di vecchi oggetti riciclati, di borse false. Quella varietà di colorato disordine che un giorno forse ci ha lasciati ammirati nelle città d’oriente non ci appartiene. Qui non c’è quel profumo di sandalo che nasconde altri differenti odori, in quel sole bruciante che ti fa socchiudere gli occhi e mette luce solo su ciò che vuol farti vedere. Qui c’è l’antico splendore di una lunga storia da conservare e amare.
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