giovedì 2 febbraio 2017
Che si sia avvertita la necessità di celebrare una giornata per la vita è drammatico. Non dovrebbe essere ovvio schierarsi tenacemente a favore della vita? L'ovvio, ahinoi, non esiste più e come diceva Chesterton: «Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Eppure dovremmo aver ormai imparato che il valore della vita si afferma proprio là dove quest'ultima è compromessa.
Si rimane incantati di fronte all'Icaro di Henry Matisse, una sagoma in volo, tutta nera ma con il pulsare prepotente di un cuore rosso rubino. Soltanto un uomo in carrozzina, e già segnato dalla morte, poteva dipingere un inno alla vita così!
Henry Matisse a settantacinque anni, mentre il mondo si dibatteva tra gli orrori della guerra e della shoah, combatteva una sua personale battaglia a causa di un delicato intervento subito per tumore all'intestino che lo aveva ridotto quasi alla paralisi. In tale frangente gli fu chiesto di esprimere qualcosa sul Jazz ed egli dipinse il volo ardito di Icaro (VIII illustrazione nel libro "Jazz". Museo Matisse di Nizza). L'immagine è una delle venti lastre da lui create per illustrare un libro sul Jazz. L'opera, datata tra il 1944 e 1947, fu realizzata in una tecnica, il papier decoupè, affine al collage. Non potendo più dipingere, Matisse, scelse questo modo di esprimersi perché lo obbligava a una semplificazione della forma e otteneva un “rilievo” che rimandava, sia pure lontanamente, alla scultura.
Icaro è un uomo d'ombra che in un cielo d'alabastro canta in volo la gioia del vivere. Ma come può gioire un uomo così? Non è una goffa sagoma, negazione della luce e del colore? E come può un siffatto uomo volare? Eppure vola nella calma assoluta del suo esserci. Vola nella gratitudine del sentimento religioso che gli fa ardere il cuore.
Sì, è un uomo d'ombra e vola in un infinito abitato da stelle lucenti. Esse ardono come soli nel Cielo di Dio, abitano l'Infinito e non lo sanno. Le stelle sono inconsapevoli, ma lui, l'uomo, pur così oscuro è abitato – non abita – dal desiderio d'Infinito. La sua carne è opaca, ma nel cuore gli arde il fuoco luminoso dell'Amore.
Ecco che cosa, dentro l'uomo, testimonia il palpito dell'eternità: l'amore. Quel desiderio di totalità appagante che alberga nel cuore di tutti: credenti e non credenti, giusti e peccatori, uomini, donne e bambini di ogni razza cultura e fede.
Noi tutti siamo goffi, come l'Icaro di Matisse. Siamo uomini d'ombra e ci è difficile volare, dobbiamo addirittura batterci per difendere il regalo meraviglioso della vita. Eppure, se per un attimo fossimo capaci di lasciarci andare nel Cielo dell'eterno scopriremmo quanto forte sia l'ardimento del cuore che desidera l'infinto.
L'uomo de-sidera: sì! Il cuore "spinge" verso le stelle, verso gli spazi siderali. Matisse lo ha descritto bene: la forma arcana e primordiale di quest'uomo, dice bene l'abbandono fiducioso del suo volo. Se lo contempli, a lungo, lo sguardo viene risucchiato da quel nero ebano e ti trovi, per un attimo, prigioniero della forma.
Come Icaro sperimenti il limite del tuo volo, ma non per molto. Come un lampo il vermiglio del cuore impressiona la tua retina e tutto si dilata. Rimbalzi nel gioco dei primari: rosso, giallo, blu, quintessenza della luce che promette la totalità.
Sì, l'uomo è limite ma nel suo cuore canta grato al Cielo la promessa dell'Eternità.
Questo dovremmo ricordare sempre di fronte alla vita minacciata: non c'è limite umano che possa imprigionare la certezza che ci viene dall'amore che ci arde in cuore: il nostro destino è l'eternità.
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