Con C'era una volta... l'economia (Bietti, pp. 92, euro 12), Luca Gallesi ha compiuto un'operazione molto intelligente: esporre le teorie economiche di Ezra Pound non direttamente, bensì mostrando il paesaggio di economisti e di politici «seri», ancorché eterodossi, in cui esse si iscrivono. In questo modo l'autore evita il tranello degli incompetenti che considerano Pound un grande poeta, «nonostante» le sue idee economiche «bislacche». Per quanto «bislacco», Pound si trova dunque in buona compagnia, sia di onorati presidenti americani, sia di economisti che lo stesso Keynes considerava con rispetto.Nel breve ma densissimo saggio di Gallesi, Pound non è quasi mai nominato, se non per indizi che strizzano l'occhio ai poundologhi. Innanzitutto, c'è il sottotitolo, Oro e lavoro nelle favole dal Mago di Oz a Mary Poppins: come non moltissimi ricordano, Oro e lavoro è il titolo di un pamphlet scritto da Pound nel 1944, direttamente in italiano. Poi c'è la dedica «a Giano», cioè a Giano Accame (1928-2009), autore del finora insuperato volume Ezra Pound economista (1995).Il nome di Pound compare per la prima volta solo nella nota 14 del primo capitolo, poi riaffiora a p. 48 per l'ammirazione, espressa nel Canto CXVI, che il poeta aveva per Walt Disney. E, nella conclusione, è inserito di peso un pensiero di Pound senza citarlo: «Dire che uno Stato non può costruire ponti e ospedali o pagare i propri funzionari perché "non ha soldi" è come dire che non si possono fare le strade perché mancano i chilometri».Già, perché il nucleo dell'economia poundiana è che il denaro è una unità di misura da rapportare all'economia reale, non ha valore in sé soprattutto da quando la moneta non è più convertibile in oro. La chiave dei disastri economici, compresa la bolla speculativa attuale, è che lo Stato ha rinunciato a emettere moneta delegandola ai privati fin dalla fondazione della Banca d'Inghilterra nel 1964, e come avviene tuttora con le Banche centrali di emissione: esse sono enti privati che «creano denaro dal nulla per poi prestarlo allo Stato, che si indebita ogni volta che ha bisogno di denaro per i propri scopi». Infatti, ogni volta che una banca concede un prestito, crea denaro dal nulla, tanto più oggi che il denaro consiste soprattutto in impulsi elettronici.Tutto ciò è esemplato nella favola del Mago di Oz, ricalcata sulla crisi che a fine Ottocento colpì gli Stati Uniti a seguito della controversia sul bimetallismo (la moneta aurea non fu affiancata alla moneta d'argento come volevano i democratici di estrazione contadina), e nella favola di Mary Poppins, feroce satira del sistema bancario, pubblicata a ridosso della grande crisi del 1929.«Quando gli economisti raccontano favole, del tipo "la crisi è finita" o "la ripresa è già cominciata"», scrive Gallesi, «è giunto il momento di rivolgersi alle favole per capire l'economia. Già, perché, tanto per fare un esempio, il Gatto e la Volpe hanno spiegato molto meglio di tanti illustri studiosi cosa succede a chi crede di poter moltiplicare i propri risparmi senza fatica, come hanno imparato sulla propria pelle i milioni di improvvisati giocatori di Borsa che da un giorno all'altro hanno visto i loro zecchini inghiottiti dai gorghi della speculazione».Attraverso le favole del Mago di Oz e di Mary Poppins, Luca Gallesi ha redatto un trattato di economia più istruttivo di una relazione della Banca d'Italia. E si è affidato a quelle due favole per spiegare la favola più bella e sincera ed efficace di tutte, la poesia di Ezra Pound.
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