Qualche giorno fa, nella Sala della Lupa alla Camera dei deputati, è stato presentato il volume contenente i "Discorsi parlamentari" di Mino Martinazzoli. Una "rimpatriata" che ha riunito molti colleghi, amici ed estimatori dello statista bresciano, compresa una folta delegazione del comune di Castenedolo, guidata dal sindaco Groli, il quale, anche come presidente dell'Associazione culturale "Aldo Moro", molto fa per mantenerne viva la memoria.
Il volume, arricchito da un'introduzione di Pierluigi Castagnetti e da un contributo di Paolo Corsini ("Tra etica e politica"), permette al lettore di cogliere le peculiarità e la ricchezza dell'apporto di Martinazzoli alla vita politica e alle istituzioni del nostro Paese. Per lui, il discorso è vita, e la vita essenzialmente un dis-correre, un passaggio non ozioso da un oggetto ad un altro, cogliendone i nessi attraverso lo strumento, insieme umile e grande, della parola.
Vanno segnalate, in particolare, l'utilità e l'attualità degli interventi svolti, tra il 1983 e il 1986, in qualità di ministro della Giustizia: fu il senatore Pisanu a ricordare, all'indomani della morte di Martinazzoli, il giudizio di Indro Montanelli, secondo il quale egli era stato il miglior Guardasigilli dai tempi di Togliatti. Tra i molti temi di interesse, dall'esecuzione della pena alle forme e modalità di contrasto alle mafie, dalle norme sull'elezione dei togati al Csm a quelle sulla corruzione nelle Pubblica amministrazione, mi soffermo qui sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, considerata come premessa necessaria di ogni altro cambiamento in materia di giustizia. Non sfuggivano a Martinazzoli le difficoltà, politiche e corporative, che si frapponevano a una radicale e coraggiosa revisione della geografia giudiziaria - ci sarebbero voluti ancora quasi trent'anni, e la caparbietà del Governo Monti, per raggiungere l'obiettivo - , al punto da fargli dire nel maggio 1984, con la consueta e un po' amara ironia, che «su questo terreno mi pare si manifestino troppo spesso attese spropositate, ma accompagnate da grandi avarizie rispetto alle scomodità che si devono portare innanzi per trovare una innovazione percepibile».
Nell'attesa dei tempi lunghi di una riforma non facile, la strada che egli indicava era quella (richiamo quanto detto dal presidente Mattarella nel 2016, in occasione del quinto anniversario della morte dell'avvocato di Orzinuovi) della «buona amministrazione quotidiana che costituisce tanta parte di uno Stato efficiente».
Anche in questo, da parte di Martinazzoli, una lezione di serietà: parola che ritornava sovente nel suo elaborato e raffinato lessico, e che rimane sempre attuale. Forse oggi ancor più di allora.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: