Malintesi da imperizia, tra ascoltare e agire. Talora i giornalisti ascoltano senza capire e poi scrivono, ma l'evidente imperizia sarebbe curabile con un po' di applicazione e serietà. Per esempio su “Libero” (16/1, p. 1: «I versetti satirici») Filippo Facci è beffardo perché Francesco dice che «nessuna religione va ridicolizzata». Ecco: «Parliamo sempre del Corano, ma nel Vangelo è scritto che le donne sono inferiori e debbono portare il velo. Dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi: “Di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo. Ogni donna che prega senza velo sul capo manca di riguardo al proprio capo… La donna deve portare sul capo il segno della sua dipendenza (…) La chioma le è stata data a guisa di velo”». Dunque, “medico, cura te stesso!” Che dire? Beh! La Lettera ai Corinzi non è nel Vangelo, e non sottilizzando sulla traduzione del passo, con qualche “perizia” in più Facci avrebbe potuto sospettare che quel testo non è deprimente per la donna, anzi. Se infatti «il capo della donna è l'uomo» e se la donna «che prega nell'assemblea deve» coprire il suo capo, vuol dire che deve coprire l'uomo, perché sia chiaro che in quel momento lei non dipende da lui, ma solo da Dio. Da un po' di perizia una bella sorpresa, vero? Ma c'è anche qualche imperizia meno curabile. Se per esempio per “Repubblica” (20/15, p. 10) il Papa avrebbe detto che «per la paternità responsabile l'ideale è fermarsi a tre figli» l'imperizia da pregiudizio è inescusabile. Infatti Francesco – come “Avvenire” ha subito chiarito (qui 21/1, p. 3, Mimmo Muolo) riproponendo la frase autentica – ha detto che «tre figli è il numero che gli esperti ritengono necessario per mantenere la popolazione». Tema di statistica demografica, dunque, e non di ideale, tanto meno cristiano. Senza offesa e per favore: un pizzico di perizia in più!
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