C'è vicino alla casa dove viveva da ultimo mio padre, al Sempione, una bottega di gastronomia raffinata. Vedo in vetrina stinco, risotti, torte di mele fragranti, ma non ci sono mai entrata. Chissà, mi chiedo, se papà, che amava mangiare bene, non era un cliente abituale? A cento metri da casa sua è il negozio, giusto da traversare la strada. Osservo l'uomo dietro al banco, ha i capelli bianchi. Se è qui da trent'anni, potrebbe ricordare. Allora l'altra mattina sono entrata con lo smartphone in mano, sullo schermo una foto di mio padre. «Scusi, si ricorda di quest'uomo?» ho chiesto al padrone, un po' imbarazzata (così gli agenti di Ncis mostrano le foto dei ricercati).
Il negoziante, gentile, si è infilato gli occhiali per vedere meglio. Lo ha riconosciuto subito. «Ma sì, certo che me lo ricordo. Il dottor Corradi! E lei è la figlia? Comprava sempre ravioli e cotechino. Un uomo così gentile. Poi l'ho visto dimagrire, entrava, ma non comprava quasi niente. Poi ho saputo… Sa che lei gli somiglia? Ma tu pensa. La figlia del dottor Corradi, trent'anni dopo…».
Da fuori della vetrina ci spia, oltre corso Sempione, una torre di City Life, avanguardia della nuova Milano. Qui dentro, profumo di brasato e di polenta. Noi due al banco a raccontarci quell'altra Milano che non c'è più, ma in noi vive ancora.
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