Lo psicanalista Jacques Lacan, in uno dei suoi ultimi seminari, arrivò a dire che la vicenda umana, psicanalisi inclusa, è tutta un "bla… bla… bla…", dove concatenare parole è la cura principale dell'individuo e delle comunità. Ciò non ha nulla di esaltante ed è piuttosto un'amara riflessione. Significa che siamo "macchine per parole" condannate a replicarle nei più svariati intrecci, e tale è ciò che accade nei media, dove "sceneggiature" in cui si racconta il reale o lo si fabbrica ci intrattengono in forma di diffusori, appunto, di bla… bla… bla…
Il silenzio e la preghiera sono la medicina contro questa deriva. Deriva che è diventata da troppo tempo un approdo. È l'horror vacui che ci impedisce di stare in silenzio per qualche minuto. E se il silenzio ci viene imposto dalle circostanze ci si attacca al telefonino, interlocutore eterno, fuori dallo spazio e dal tempo. Il silenzio e la preghiera, allora, sono una resa all'altro che tace perché si esprime a un diverso livello rispetto al nostro e che pure è quello più autentico, e raggiungerlo implica oggi uno sforzo. Bloccare la mente e il cuore per aprirli a qualcosa di più alto (o di più profondamente in noi radicato, oltre gli schiamazzi dell'esterno). Perché "Se in principio era il Logos", Logos non significa certo "chiacchiera".
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