giovedì 22 dicembre 2022
Hai sentito, Sergio? Oggi a Parigi è stato ritrovato il corpo di un bambino ivoriano di dieci anni. Era all'interno del carrello di atterraggio di un aereo Air France proveniente dalla Costa D'Avorio. Morto assiderato e senza ossigeno. Sperava di fuggire così dalla fame e dalla disperazione della sua terra. La notizia ha fatto il giro dei media e – ci scommetti? – stasera è già dimenticata. La tristezza, il dolore, ormai sembrano avere un timer… «Ricordo quando Martin Luther King disse: “Voglio indignarmi, voglio sentire rancore”. E subito sembrò che quelle parole non fossero adatte a un uomo di pace. Mi colpirono molto, Ale. Voleva semplicemente dire: vi prego, non cadete mai nell’indifferenza. Anche Elie Wiesel, il premio Nobel per la pace, mi disse qualcosa di simile in un nostro incontro: “Sono tante, troppe le atrocità e moltissimi i pericoli nei quali ogni giorno ci imbattiamo. Ma di una cosa sono certo: il male peggiore resta l’indifferenza che va combattuta con tutte le forze”. Nel nostro mestiere purtroppo dobbiamo fare i conti, molto spesso, con sentimenti a tempo. Avvolti in una sorta di torpore. O al contrario, da una inquietante voracità di de.ttagli impietosamente crudi». Raccontami un fatto di cronaca. Qualcosa che ti ha colpito profondamente e che è stato presto archiviato… «Ne avrei tanti, Ale. Ma uno che ricordo bene è la bomba sul treno nei pressi di San Benedetto Val di Sambro. “La strage dimenticata”. Pensa, alcuni storici l’hanno ribattezzata proprio così. La domenica del 4 agosto 1974: quel giorno, un attentato di matrice terroristica fece 12 morti e 48 feriti. Un ritardo di circa mezz’ora, traslò la detonazione. Le vittime potevano essere centinaia. Ricordo anche un eroico ferroviere che riuscì a salvare diversi viaggiatori imprigionati dalle fiamme, ma pagò con la morte quel gesto di altruismo». L’Italicus Roma-Monaco… «Già. Di quel treno in fiamme non potrò mai dimenticare un bambino che si avvicina a un pompiere e con gli occhi pieni di lacrime, ma pacatamente, gli dice: “Se vuole venire, il mio fratellino sta bruciando!”. Ecco. In quel momento pensai che quella creatura, in larga misura condotta per mano dai mass media, era già ammalata di arrendevolezza tanto che un giorno prenderà le cose così come sono e affronterà la vita con quel peso rassegnato. Viviamo in un mondo dove sembra non esservi più nulla che convenga dire e fare o dove ciò che conviene non è tanto il dire o il fare, quanto semmai, l’accettare. E poi nell’arco di una luna dimenticare, come fosse un mutismo morale. Questo è il pericolo: sconfitto il sentimento dell’indignazione, privati del dubbio e del rifiuto, quale strada prenderà il nostro viaggio? Anche da queste apatie, da questi sentimenti, come li hai definiti tu con il timer, nasce lo spazio per i violenti. Il peggio, Ale, potrebbe assomigliare al pacato sgomento di quel bambino che chiede al pompiere, con un filo di voce e poca speranza, di spegnergli il fratellino che brucia». © riproduzione riservata
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