«Meglio una mamma surrogata che un bambino mai nato». Così Furio Colombo su Il Fatto (venerdì 21) condanna il voto del Consiglio d'Europa che finalmente vieta l'affitto dell'utero. Senza accorgersene né volendolo, all'improvviso qualcuno nel mondo laicista scopre i diritti del nascituro (anche di non essere prodotti e venduti) che da quarant'anni sono negati, addirittura per legge dello Stato (la 194 del 1978) e con conferma anticipata della Corte Costituzionale (num. 27 del 1975). Questa aveva affermato la differenza di diritti tra la madre «che è già persona» e l'embrione, «che persona deve ancora diventare». Sproposito monumentale (vedi per esempio, in materia di eredità, «i diritti del nascituro» e la Carta dei diritti del fanciullo prima della nascita (Onu, 1978). Allora, però, se – come (in altre parole) dice Il Fatto – una donna pagata deve portare il bambino al parto, sarà tanto meglio che la madre cosiddetta biologica (e autentica) resti tale e non si neghi abortendo. Qui, però, entrano in causa altre considerazioni. Persino la maternità commerciale conferma il rifiuto dell'aborto: infatti se abortisse il figlio «gestito per altri», neanche la madre surrogata sarebbe madre. Tuttavia già il solo impegno a far nascere un figlio altrui ne implica il diritto alla nascita cioè soggetto di diritti – fossero pure commerciali o di un «bambino mai nato». Si può e si deve dire che quei diritti (specialmente alla vita, cioè a nascere) esistono anche prima che l'embrione prodotto in vitro sia collocato nel grembo surrogato, cioè non appena il contratto di affitto sia concluso e sia concordato il daffare per il caso di una gravidanza interrotta. Insomma, persino in regime di compravendita la gravidanza in affitto esclude la possibilità di un aborto e contesta la sentenza 27/75 della Corte Costituzionale. Tutto ciò fa scivolare rovinosamente sugli specchi, ai quali Colombo si era aggrappato il giorno successivo, sabato 22. Sosteneva, cioè, che adesso anche l'affitto uterino sarebbe caduto in un ulteriore «immenso errore di proibizionismo» e che quello del Consiglio d'Europa sarebbe stato «un voto antico, crudele e guidato dalla superstizione». Chiedetene a chi, nato a pagamento, lo viene a sapere.SENZA CASTELLOLa rinuncia di Francesco al palazzo di Castel Gandolfo non piace a qualche cristiano che vuole insegnare il mestiere al Papa. Uno dei leader di costoro è un vero specialista che sul Giornale sembra che «giudichi e mandi secondo che avvinghia». Dopo aver ricordato che «san Francesco dormiva sulla nuda terra», ha rimproverato il pontefice perché «un Papa senza castello non aiuta i poveri». Motivo: «È proprio il cristianesimo, fondato su Dio incarnato, a insegnarci l'importanza della realtà materiale» (i «castelli»?). Boh…
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