Ho viaggiato in aereo con un signore vestito da Milan. Non italiano, forse rumeno, anche se la sua tuta evocava sbarchi albanesi. Forte tentazione, gli ho chiesto del bisticcio Salvini-Gattuso. «Non conosco Salvini - mi ha detto - ci vuole Ibra». L'unico che ha capito qualcosa. Salvini poteva starsene zitto, cosa peraltro non facile; eppoi - ma non lo giustifico - vorrei vedere voi stare seduti almeno cento minuti vicino a Lotito e non esplodere in qualcosa. Gattuso, poi, fosse stato scaltro avrebbe chiesto al vicepremier di inserire Ibra nella manovra. Chissamai. Ma capisco Ringhio: uno come lui va subito all'opposizione. È l'opposizione. Che nel week end, fateci caso, ha vinto. Ha vinto sui fatturati, sui ricchi, sugli esperimenti inutili, sul possesso palla, sulla sindrome da hotel (quella che fece perdere a Sarri lo scudetto e adesso so di club che per il ritiro cercano hotel senza televisione, vecchissima idea di Gaucci quando ritirava il Perugia a Atri). Ha cominciato Davide Nicola, a Udine, impallando la Roma con mosse tattiche elementari, direi crotonesi, mentre il possesso palla dei giallorossi saliva come lo spread all'88%; mi piace DiFra ma non lo seguo quando se la prende con il lassismo dei suoi: a chi spetta animarli, farli guerrieri contro un nemico che hai battuto dieci volte di fila? Psicologia elementare e anche rispetto per il tecnico avversario ingiustamente dimenticato nelle riserve. E anche Ancelotti, il mio caro Carlo, cosa c'entra rilevare la morbidezza di un Napoli che in realtà rischia di autoaffondarsi guardando la Juve in tivù, andando a dormire a -9 e addormentandosi contando le pecorelle che trattandosi dei giocatori del Chievo ci sta pure. Ma sul campo - diciamo la verità - chi ha mai visto, di recente, una macchina difensiva così perfetta? Posso rispondere: io, e i bacucchi come me, quelli di Battista Rota e Vavassori a Bergamo, luogo che oggi presenta l'ottimo Gasperini europeizzato, quindi più fragile dei predecessori che si chiamavano Tabanelli, Corsini, Cadè, Bianchi, Sonetti, Mondonico, Giorgi, Mutti, Frosio, Colantuono, Del Neri, Guidolin, Reja, il mio Gotha degli Allenatori Italiani che se volete aggiungo Lippi, Prandelli e Conte e vinco a man bassa (poi in privato rimpiango Ettore Puricelli ch'era matto e Corrado Viciani che inventò il tikitaka ma lo respinsero; giustamente?). Napoli, la folla prima cantava, alla fine sentivi l'urlatoio disperato: dopo anni d'opposizione dura e pura il Napoli è andato al Governo, male che vada gioca per l'Europa e dunque non ha gradito - forse neppur capito - il capolavoro di Mimmo Di Carlo, l'Oppositore Naturale che mi ha affascinato, muro e contropiede e stava addirittura per vincere, il Chievo, tant'era sicuro alle spalle con quel Sorrentino (con la maiuscola) che al San Paolo avrebbe meritato tanti applausi e una canzone di Lucio, «lì dove il mare luccica e tira forte il vento».
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