martedì 3 giugno 2008
Garantire la sicurezza dei cittadini rientra indubbiamente tra i doveri di un governo ed è giusto che si prendano provvedimenti contro chiunque faccia della delinquenza il suo stile di vita per incamerare illeciti guadagni. Tutti sono tenuti a rispettare le norme della convivenza civile. A maggior ragione chi arriva in un Paese straniero ne deve rispettare le leggi, ma se la legge è uguale per tutti non bisogna fare degli immigrati un capro espiatorio. Era inevitabile che, in un tempo in cui la mobilità umana è sempre più ampia e diversificata, l'accoglienza degli immigrati diventasse un problema di non facile gestione. Secondo le più recenti stime delle Nazioni Unite, sono 200 milioni solo i migranti per ragioni economiche; quanti disperati, rischiando la vita, approdano sulle nostre coste o altrove, in cerca di lavoro, di speranza. Certo bisogna frenare l'immigrazione clandestina, ma non dovremmo mai dimenticare il dramma, le umiliazioni, i disagi di quanti si lasciano alle spalle il proprio Paese, la propria famiglia per fuggire da povertà che i più poveri dei poveri da noi nemmeno conoscono. Forse, tempo addietro, avremmo dovuto prendere in seria considerazione l'esortazione di Paolo VI quando, nel lontano 1967, denunciava l'aggravarsi dello squilibrio tra Paesi ricchi e Paesi poveri, quando ricordava al mondo intero il diritto di tutti i popoli al benessere. Forse avremmo dovuto ascoltare i ripetuti appelli di Giovanni Paolo II, che più volte ha invitato le nazioni più opulente ad azzerare il debito dei Paesi più poveri. Forse avremmo dovuto prestare maggiore attenzione a un mercato clandestino che favorisce le immigrazioni irregolari vendendo profumatamente a gente disperata il sogno di un'Italia ricca, capace di offrire lavoro a chiunque arrivi. Avremmo dovuto denunciare quanti si sono arricchiti vendendo un posto letto, o meglio solo un cuscino, in sottoscala umidi e in condizioni disumane a quanti già provati dalla miseria, sfruttati e calpestati, in mancanza di quel lavoro promesso, hanno finito per accettare lavoro nero da persone «pulit»", lavoro sporco dalle grandi organizzazioni malavitose, o hanno intrapreso la via della delinquenza spicciola o quella senza ritorno della violenza gratuita scaturita dalla rabbia, da un'atavica frustrazione. Avremmo dovuto denunciare quelle famiglie che hanno assunto in maniera irregolare le tante badanti venute da lontano ad assistere i nostri anziani: quelle stesse badanti che oggi, nonostante il pacchetto sicurezza non ammetta sanatorie per gli immigrati irregolari, vengono ritenute una risorsa del Paese solo perché noi, impegnati a fare carriera, non abbiamo tempo per i nostri nonni. Non ci siamo mai chiesti cosa provassero, mentre davano affetto ai nostri familiari, nel pensare ai loro bambini lontani, costretti a scegliere tra la mamma e il pane? Papa Benedetto, nell'Angelus del 14 gennaio 2007, auspicava misure concrete che favorissero l'emigrazione regolare e i ricongiungimenti familiari, perché solo il rispetto della dignità umana di tutti i migranti può rendere possibile una reale integrazione. La delinquenza non ha colore, né cittadinanza ed è giusto che si prendano provvedimenti contro chiunque metta in pericolo la sicurezza e la libertà degli altri. Ma ancora oggi, più di ieri, i popoli della fame, come diceva Paolo VI, interpellano in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. Benedetto XVI ha ricordato a tutti i cristiani di vedere negli immigrati la persona di Cristo e a chi è preposto alla sicurezza e alla accoglienza che la convivenza con gli immigrati può basarsi solo sul rispetto dei diritti e dei doveri. Gli immigrati devono rispettare i valori della società che li ospita, ma non possiamo rimanere sordi di fronte al grido d'angoscia che si leva lontano e arriva sulle nostre sponde.
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