domenica 15 gennaio 2017
Il Messico è una repubblica composta di 32 piccoli Stati, la cui capitale – Città del Messico, con quasi 16 milioni di abitanti – è anch'essa uno Stato. «Nella sua nuova Costituzione - scrive Roberto Saviano su l'Espresso (datato 15 gennaio) – Città del Messico ha riconosciuto il diritto all'eutanasia, che è stato votato alla Camera cittadina con oltre il 60% dei voti. Quando sarà approvato per la prima volta, il diritto all'eutanasia avrà rango costituzionale». E, conclude Saviano, «questa è una vera e propria rivoluzione».
Vera e propria sì, ma nel senso peggiore della parola. Si sarà notato che quasi tutte le "grandi conquiste di civiltà" sostenute dai laicisti si fondano sulla morte: l'aborto, la contraccezione del giorno e dei cinque giorni dopo, la fecondazione artificiale (media di dieci embrioni che muoiono per ogni concepimento artificiale che va a segno), il suicidio assistito (quello di cui la Svizzera è maestra) e l'eutanasia, cosicché si potrebbe dire che il laicismo (attenzione, non la laicità) vive di morti. L'Espresso e Saviano, per esempio, arrivano ad affermare che l'aborto legale «tutela la salute e la dignità della donna e del bambino».
«Dignità del bambino» sarebbe dunque essere uccisi per mandato materno ed esserne mandatari? E che dire dell'aborto elevato a istituto costitutivo dello Stato? Nell'ottobre scorso il "saggista" in questione aveva scritto su Facebook, che «scegliere di abortire non è commettere un omicidio, ma esercitare un diritto inalienabile» e che «questo tema, a noi italiani, dovrebbe essere caro. Ma ormai di troppi istituti dello Stato (aborto, procreazione artificiale, concepimento eterologo, contraccettivi che sono in realtà abortivi potenziali...) è stata sancita la costituzionalità perché si debba aumentare il loro numero con un testo che raccoglie il plauso dei fautori conclamati dell'eutanasia (già in lavorazione in Parlamento), con l'affitto dell'utero e con il suicidio assistito.

L'INTERRUTTORE
Con qualche ritocco al Dna, cioè cancellando su di esso i segni dell'invecchiamento si ottiene come risultato un allungamento della vita. Lo afferma in tono entusiasta - riferisce La Repubblica - uno studio di ricercatori spagnoli e statunitensi con contributi indiretti anche di scienziati giapponesi. I ricercatori «sono riusciti a regolare l'azione dei fattori dall'esterno, attraverso l'introduzione di uno speciale interruttore che rispondeva a un antibiotico…». Inutile e impossibile, per motivi intuibili, tentare qui una spiegazione. Più facile accontentarsi del risultato che è stato provato finora soltanto sui topi, ma soprattutto, e più facilmente, è il caso di porsi qualche interrogativo per quando questa scoperta sarà utilizzata sugli uomini. In che modo si può costatare che la vita di una persona si è prolungata? Bisognerà attendere che muoia. Ma dopo la morte come si farà a stabilire che quella persona sarebbe dovuta morire prima? Su quale agenda si troverà quanto sarebbe dovuto o potuto vivere il soggetto se non gli si fosse applicato l'«interruttore che avesse risposto all'antibiotico…»? Speriamo che sui topi non funzioni.
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