Il 4 marzo a Parigi la Torre Eiffel si illuminò come per una festa: in quell’istante i due rami del Parlamento francese riuniti a Versailles avevano approvato l’introduzione nella Costituzione del diritto all’aborto. Non che ce ne fosse tecnicamente bisogno, visto che in Francia l’aborto è come quasi ovunque in Europa da molto tempo legalizzato.
Era piuttosto una questione di principio: l’introduzione nella Costituzione sanciva un’assolutezza intoccabile di questo diritto, che per la prima volta al mondo veniva recepito in una Carta. E quale Carta: quella della Francia, da secoli madrepatria dei diritti dell’uomo. “Liberté, Egalité, Fraternité”, il motto settecentesco della Prima Repubblica nata dalla Rivoluzione aveva fatto di quel Paese un faro nello sviluppo dell’Occidente.
Oggi il pensiero che stava sotto alla Torre Eiffel splendente del 4 marzo increspa come un vento nervoso il mare del Salento di Borgo Egnazia, dove si è svolto il G7. Si vorrebbe cercare di contagiare con questo nuovo diritto assoluto l’Europa, intanto, e in prospettiva il resto del mondo. Ma le sensibilità sul tema, ha ammesso lo stesso presidente Macron, sono diverse.
E menomale. Nonostante a Versailles i voti a favore siano stati 780 su 925, una maggioranza schiacciante, non solo gli integralisti hanno sussultato a questo “storico” pronunciamento. Se ci pensate, promuovere a diritto assoluto, nobilitato dalla Costituzione, l’aborto, suscita una certa impressione. Senza nemmeno bisogno di essere credenti.
Nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione dell’anno III (1795), la parola “Fraternité“ era così definita: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi». L’etica della reciprocità, in sostanza.
Ma questo nobile mantello costituzionale di cui è stato avvolto il diritto d’aborto non pare starci tanto, nella Egalité. Si afferma il diritto della donna come assoluto, e dunque il concepito non possiede alcun diritto. I figli della Francia, almeno fino a una certa età gestazionale, non solo possono venire cancellati legalmente come del resto in Italia e in Europa, ma proprio non sono soggetti di diritto. Non esistono. È la prima volta che un Paese afferma con una tale nettezza che il frutto del concepimento è un niente. Che eliminarlo sta nella assoluta discrezione della madre. È la prima volta che un Paese dichiara solennemente in una Carta costituzionale che i suoi stessi figli appena concepiti sono un nulla.
Quando, quel 4 marzo, la Torre Eiffel si è illuminata a me è parso che si esultasse per una follia della ragione, in un mondo capovolto, al contrario. La Francia acclamava l’aborto come principio intoccabile. Negando qualsiasi forma di diritto ai propri figli, e in fondo dunque a sé stessi. Nella Patria della Liberté ed Egalité. Della Fraternitè, ovvero «non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi».
«A favore, 780!» era stato proclamato a Versailles quel giorno, con esultanza. Come per una grande conquista dell’umanità. Il diritto laicamente sacro di cancellare i figli in fieri. Figli? Macché, poche cellule, materia, roba.
E ora il nuovo Lume da Parigi ha premuto sul G7. Un Lume suicidogeno, un Occidente che pretende il diritto di cancellarsi. E guai soltanto a pensare di non essere d’accordo. (Poi dicono che in un’eventuale guerra dovremo difendere “i valori dell’Occidente”. Sono perfettamente d’accordo. Anche se non posso non domandarmi quali sono esattamente oggi, questi valori. E se a disfarci, non ci pensiamo già da noi).
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