martedì 26 maggio 2020
Itedeschi stanno giocando, alla grande, ma a noi non basta, dai commenti di qualche improvvisatore traspare l’idea che siano un po’ stupidi. Lo abbiamo pensato spesso, anche per altri motivi, e adesso siamo costretti a subirne non il fascino – per quello c’è Macron – ma la ricchezza, il primato socioeconomico, l’organizzazione che s’è vista anche nel calcio, appunto, quando non solo hanno deciso di giocare e l ‘hanno fatto, e ne hanno ricavato non solo un risultato per l’emergenza ma un passatempo quasi naturale al quale si sono uniformati milioni di telespettatori d’Europa e del mondo, visto che oggi il gioco del pallone è diventato un ottimo intrattenimento anche per gli asiatici. E sapete cosa significa, tutto questo, nella società globalizzata che abbiamo accettato c’ingabbiasse? Che il nostro sport piú amato è diventato televisivo, come una fiction, e il pubblico, virtuale o no, conta poco. Strano – direte – un vecchio cronista che non è disturbato dalle porte chiuse;
e allora vi rivelo che la maggior parte dei commentatori raccontano un calcio “a porte chiuse”, visto solo in tivú. In tubo (facile battuta). E se lo sopportate, vi scandalizzerò dicendo che raccontare il calciovideo è diventata una necessità perché i tifosi fruitori del campionato sono almeno l’ottanta per cento tifosi da bar o da salotto; molti dibattiti che si aprono nell’eterna biscardeide sono fra giornalisti da stadio e da video: perché raccontano due partite diverse. All’inizio di questo campionato sono stato invitato a vedere Inter–Juventus a San Siro, e ho accettato solo perché metter piede in quello stadio dopo decenni d’assenza era emozionante, come all’antico, quando non esistevano intellettuali supponenti e incolti capaci di dire che quel monumento al Football non ha valori culturali e si può abbattere. Sta di fatto che la mia cronaca è stata contestata da alcuni lettori che mi hanno addirittura chiesto in che stadio fossi stato e che partita avessi visto. C’era di mezzo Ronaldo, capii che io ne avevo visto e raccontato un altro. E che dire del lamento sulla mancanza dell’atmosfera? Una volta c’era, quando la creava un Borghetti e ti godevi il match senza temere che il tuo racconto fosse smentito dalla moviola o dal Moviolone bugiardo, come oggi dalla Var disturbatrice e ingiusta. A me il campionato tedesco piace, è ordinato, pulito, atletico, integrale per dir sano, essenziale come dev’essere uno spettacolo basato sulla tecnica. E ha spazi “sociali” enormi: se è vero che la gente sta tornando nelle spiagge, nelle palestre, nelle piscine, nelle chiese (come ho tanto desiderato) e presto anche nei teatri, mi chiedo perché tribune e curve siano proibite se non da uno spirito persecutorio. E dall’invidia. Basterebbe dire: accesso consentito solo al 30/40 per cento degli avventori, come è successo ai ristoranti. Eppoi lasciatemi dire: non vi è piaciuta l’idea del Moenchengladbach che ha venduto ai suoi abbonati...appiedati, per far beneficenza, la possibilità di essere presenti in tribuna virtualmente? Mandate una foto e vi riprodurremo in formato naturale sulla vostra poltroncina. Detto e fatto. Divertentissimo. Commento nostrano: ah, tifosi di cartone. Commento mio: già, da noi si preferiscono gli scudetti di cartone.
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