Non riesco a mettermi in coda ai tanti articoli usciti ieri che hanno commentato il suicidio di Luciano Zazzeri, 63 anni, sommo chef della Pineta di Marina di Bibbona. Il taglio dettato chissà da quale ispirazione era più o meno questo: un mestiere difficile, stress da prestazione e poi un elenco di cuochi europei (neanche una decina) che hanno scelto la medesima fine. Ora non so cosa possa risultare da un paragone statistico con altre categorie lavorative, dove magari quella dei cuochi rischia di risultare ancora un'isola felice. Immagino tuttavia che il gesto estremo sia una combinazione di tanti fattori, più che una condizione lavorativa. Ed è una faccenda che riguarda l'intimo di ciascuno, non certo un aspetto di sociologia spiccia. La notizia della scomparsa di Zazzeri stava girando già domenica sui social e ieri a Trieste a un consesso di cuochi ci si domandava dove stesse andando il mestiere. Roberto Calugi, direttore generale della Fipe, snocciolava una serie di slide con luci e ombre: 20 miliardi di euro di prodotti acquistati dalla ristorazione per un giro di affari di 237 miliardi. Si mangia sempre più lontano dal proprio nido domestico, giacché ben 85 miliardi sono generati dai consumi fuori casa e 152 in casa. Fra coloro che mangiano fuori casa dalle 3 alle 5 volte la settimana c'è una fetta del 26,1%, e il dato tende ad aumentare. Dunque stiamo parlando di un settore tutt'altro che depresso dal punto di vista del Pil. Certo fra le ombre si legge che, nel giro di poco tempo, su 4.700 nuove aperture di esercizi dediti alla ristorazione, ci sono altrettante chiusure; e il dato più allarmante è che il 70% chiude nel giro di 5 anni. Milano sta diventando la città di riferimento e ormai i cuochi "importanti" fanno a gara ad aprire lì il loro secondo locale: da Heinz Beck a Gennaro Esposito. Un motivo ci sarà: Milano garantisce un flusso di clientela per almeno 10 mesi l'anno, altrove non è così. Ma dove sta il livello di saturazione di questa offerta generata dalla cucina? È il dato che ci piacerebbe commentare, prima che altri facciano il passo più lungo della gamba. La liberalizzazione delle licenze, da questo punto di vista, sarebbe da analizzare in maniera scrupolosa per capire dove si è spostata, geograficamente, l'offerta. Ma chi commissiona questi studi? L'unico dato certo su cui il mondo del food si crogiola è che le case delle nuove famiglie avranno cucine sempre più ridotte, per cui la propensione al pasto fuori casa aumenterà. Peccato che non stiano aumentando gli stipendi, mentre forse si inflaziona un'offerta a basso prezzo e di scarsa qualità che deve fare riflettere. Siamo nel mezzo di una nuova bolla: sgonfiamola un poco, prima che scoppi con danni deflagranti, anche sulla salute.
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