Anche nella tecnologia. E anche in comparti solo in apparenza di nicchia, ma che comunque valgono migliaia di posti di lavoro e centinaia di milioni di euro. È così l'agroalimentare italiano: d'eccellenza sempre, anche quando non te lo aspetti. È il caso di quella che si chiama elicicoltura, in parole semplici l'allevamento delle lumache. Attività storica per alcune aree del Paese (come il Piemonte e in particolare la zona di Cherasco nel Cuneese), l'elicicoltura nazionale è fra le prime al mondo e non basta a soddisfare la richiesta del mercato. Perché delle lumache si fa un gran commercio per meriti gastronomici ma anche per altri legati alla cosmesi e alla salute. Per capire, basta pensare che oggi il settore anima un giro d'affari pari a circa 220 milioni di euro, occupa qualcosa come 12mila persone ma la produzione nazionale copre solamente il 20% della domanda. Accade così per le lumache quello che avviene già per altri prodotti agroalimentari nostrani: il mercato è invaso da importazioni non sempre di provenienza e salubrità certe. Con tutti i rischi del caso. A frenare lo sviluppo della produzione nazionale sono i soliti "mali" d'Italia: disattenzione, burocrazia, fondi risicati. Anche se proprio in Italia la tecnologia di settore ha fatto passi da gigante, dando vita a quella che è stata chiamata addirittura "Elicicoltura 2.0" che prevede un'assistenza totale e l'applicazione dei principi dell'economia circolare anche alle lumache. «Della chiocciola non si butta via niente», spiega Simone Sampò, presidente dell'Istituto internazionale di elicicoltura di Cherasco e dell'Associazione nazionale di elicicoltura (Ane), che aggiunge: «Il guscio e la carne vengono usati nell'alta gastronomia, la bava di lumaca nei prodotti medici e cosmetici». Poi c'è quello che i tecnici chiamano Metodo Cherasco (regole severe, impianti all'aperto, riciclo di tutto, alimenti controllati e tecniche biologiche), che vale per il 75% della produzione italiana, ma che soprattutto è ormai seguito in tutto il mondo. Con una novità delle ultime ore. Dopo la Georgia, il Libano, l'Iran, l'elicicoltura condotta con il Metodo Cherasco si è appena insediata anche in Marocco per espressa volontà niente di meno che del Re. Investimento previsto in tre anni: 9 milioni di euro per mille ettari adibiti all'allevamento e 12mila persone occupate. «Qui – dice Sampò –, la nostra filosofia è stata sposata in pieno». In Italia un po' meno, almeno per ora.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: