«Lula appartiene più a Pezzotta che al Cinese». Questo, ieri, su «Sette», il titolo di un pezzo di Francesco Verderami. Lula, Luis Ignacio Da Silva, neo presidente del Brasile... I giornali sono pieni del suo nome, soprattutto certi giornali: «Unità», «Manifesto», «Liberazione»: Lula, Lula, Lula... Nell'articolo Verderami ricorda le radici cattoliche e popolari di Lula e, e annota la strumentalità con cui adesso, Cgil, Ds, Cofferati stesso ne rivendicano compagnia e vicinanza. Malpelo, da parte sua, ricorda i tempi in cui, se proponevi un'intervista a Lula, la sinistra ti rispondeva che era un illuso, un poeta, uno che non basava le sue analisi sul marxismo scientifico, uno che bazzicava troppo preti, frati e teologi. Ci vuol altro, ti dicevano. Alle feste dell'Unità, e ci sono episodi concreti, se qualcuno per caso lo invitava era accolto, ma in serie B, nelle tende piccole, come per grazia ricevuta. Sempre un po' troppo cattolico era. Allora la Cisl - non la Cgil - lo invitava più volte ai suoi seminari di studio e la cosa rimaneva come nascosta. Oggi pagine entusiaste perché ha vinto. La gente del Brasile ha avuto fiducia in lui. Ma a Brasilia c'erano Cofferati e Massimo D'Alema. A Davos ci sono giornalisti che ci raccontano di lui che sorride, che stringe mani... Va bene, va bene. Non è il caso di essere gelosi. Ma di ricordare - come si dice - la primogenitura è proprio il caso. Non c'è neppure un piatto di lenticchie - del resto - da contendersi.
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